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 2015  luglio 28 Martedì calendario

Quando la geografia è più importante dell’economia. Così per Washington la Grecia diventa un confine irrinunciabile dell’Occidente. Gli Usa temono che, se non raggiungerà un accordo con la Troika, si trasformerà in uno Stato fallito e pericolosamente instabile in un’area di confluenza delle tradizionali mire espansioniste di Mosca e del nuovo terrorismo jihadista. Intanto Putin, pur non trasferendo finanziamenti diretti ad Atene, ha firmato un accordo da 2 miliardi di euro per la costruzione del gasdotto Turkish Stream che dovrebbe passare attraverso la penisola ellenica per rifornire l’Europa

Nella visione geopolitica di Washington la Grecia è un confine irrinunciabile dell’Occidente. Alla luce delle tensioni con la Russia e della minaccia terroristica dell’Isis nello scacchiere mediorientale e mediterraneo nord-africano, la geografia può essere più importante dell’economia. Perché la Grecia è in una delle aree meno stabili d’Europa. Oltre ai segni che Bulgaria e Serbia risentirebbero del fallimento delle banche greche, un altro focolaio di crisi, di matrice nazionalistica, potrebbe accendersi in Macedonia con gli indipendentisti albanesi. D’altra parte, proprio l’instabilità nei Balcani aveva avuto una parte fondamentale per l’ammissione della Grecia nell’Eurozona perché si pensava che l’inclusione di Atene avrebbe contribuito alla normalizzazione dell’intera area. 
Prima di allora, il ruolo geostrategico della Grecia, insieme con quello della Turchia, era stato riconosciuto in particolare da Washington all’inizio della Guerra Fredda. Nel marzo 1947 l’enunciazione della dottrina Truman che impegnava gli Stati Uniti a sostenere i governi minacciati da un pericolo esterno o dalla sovversione interna portò il Congresso ad approvare lo stanziamento di un imponente piano di aiuti economici e militari per la Grecia, in preda alla guerra civile tra forze governative e comunisti, e la Turchia al fine di contrastare l’espansionismo di Mosca. 
Successivamente, la fragile democrazia greca passò da un regime autoritario alla dittatura dei colonnelli (1967), con il beneplacito americano, sino alla caduta definitiva della monarchia (1974) e all’istituzione della Repubblica. Nel 1981 Atene divenne il 10° stato della Comunità economica europea in una fase di rinnovata, drammatica tensione fra Usa e Urss, dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan e gli eventi polacchi, mentre l’esplosione delle tensioni nazionalistiche in Jugoslavia minava la stabilità dei Balcani e il terrorismo arabo e palestinese insanguinava lo scacchiere mediterraneo e mediorientale.
Oggi la prospettiva che più preoccupa gli Stati Uniti è soprattutto geopolitica. E ciò sia per gli effetti dirompenti che la questione greca potrebbe avere sull’Unione Europea, sia per il timore che una Grecia umiliata si trasformi in uno Stato fallito e pericolosamente instabile in un’area di confluenza delle tradizionali mire espansioniste di Mosca e del nuovo terrorismo jihadista.
Va inoltre detto che queste circostanze rendono particolarmente complesso il rapporto con la Germania, del cui aiuto Washington ha assolutamente bisogno per contrastare la Russia. Tuttavia, al contrario di quanto è avvenuto in passato, in questo frangente l’Amministrazione americana non troverà una sponda nei Paesi Ue ex-comunisti che sono, invece, fra i più intransigenti sostenitori della stretta tedesca su Atene. D’altronde, è difficile che gli Usa possano intervenire direttamente in aiuto alla Grecia senza tenere conto del rapporto con Berlino malgrado la pressione esercitata finora sull’Fmi e su Bruxelles.
La Grecia rappresenta il primo vero test della piena assunzione di leadership tedesca in Europa, ma non è detto che l’accelerazione impressa agli eventi dalla cancelliera Angela Merkel e dal suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble conduca, in mancanza di una visione politica lungimirante di Berlino, agli esiti auspicati da Washington. Perché il crollo, in un modo o nell’altro, della Grecia – come ha affermato Jack Lew, segretario del Tesoro americano – «geopoliticamente potrebbe essere un errore» assai grave dato il ruolo strategico di Atene nella Nato.
Intanto Putin, anche se non ha trasferito finanziamenti diretti ad Atene, ha firmato un accordo da 2 miliardi di euro per la costruzione del gasdotto Turkish Stream che dovrebbe passare attraverso la penisola ellenica per rifornire l’Europa: una mossa di rilevanza politica e geostrategica, anche se d’incerta realizzazione.
In questo contesto, il premio Nobel Joseph Stiglitz, contrario alle ricette di austerità, ha sollecitato gli Stati Uniti a essere generosi con la Grecia, sconfitta per la seconda volta in un secolo dalla Germania, e la Federal Reserve a creare una “swap line” con la banca centrale greca per evitare una depressione senza fine. 
Con la Francia che si è opposta alla linea dura tedesca, seguita dalle buone intenzioni dell’Italia, il caso greco, comunque vada, sta già contagiando con una crisi dei rapporti interni di fiducia i partner europei. Sulla capacità di ricrearli e rilanciare la crescita economica e il futuro del Vecchio Continente si gioca la partita della leadership in Europa.