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 2015  luglio 28 Martedì calendario

La Cina crolla e l’Europa le va appresso. La Borsa cinese è tornata sulle montagne russe: ieri l’indice di Shanghai è sprofondato dell’8,48%, segnando il peggior ribasso giornaliero da otto anni e Piazza Affari ha perso il 2,97%. Così dopo tre settimane di recuperi (+16%) che erano seguiti al -40% di periodo toccato a giugno (partendo però a un +120% negli ultimi 12 mesi) la bolla cinese torna ha fare paura

Fino a qualche giorno fa era la Grecia. Ora il cigno nero che svolazza d’estate sui mercati finanziari è la Cina. Dopo tre settimane di recuperi (+16%) che erano seguiti al -40% di periodo toccato a giugno (partendo però a un +120% negli ultimi 12 mesi) la Borsa cinese è tornata sulle montagne russe. L’indice di Shanghai ieri è sprofondato dell’8,48%, segnando il peggior ribasso giornaliero da otto anni.
La novità è che, per la prima volta in questa estate ballerina sui mercati finanziari, le tensioni cinesi non hanno avuto un riflesso solo sul mercato delle materie prime (con nuovi ribassi in particolare delle quotazioni energetiche, ieri l’indice Bloomberg Commodity Index ha aggiornato i minimi dal 2002) come successo nelle precedenti sedute e come peraltro abbastanza naturale dato che se la seconda economia del mondo rallenta (pur crescendo intorno al 7% annuo) diminuisce anche la domanda globale di commodities. Ma ieri per la prima volta le forti vendite in Cina hanno avuto un riverbero netto anche sulle Borse europee che hanno chiuso tutte in forte calo, con un nuovo punto interrogativo che adesso aleggia nelle stanze degli investitori: cosa potrà accadere se il governo cinese non sosterrà più artificialmente le quotazioni azionarie con manovre che finora hanno impedito alle valutazioni dei titoli di implodere secondo i canoni classici di una bolla finanziaria? I listini europei hanno ceduto mediamente il 2,4% con Piazza Affari a vestire la maglia nera (-2,97%) appesantita anche dal calo di Fca (-6,94%) dopo la multa-record da 105 milioni di dollari inflitta dalle autorità statunitensi a causa di «inadeguati ritiri di vetture dal mercato». L’indice milanese si è portato sotto i 23mila punti. Forti vendite anche sul Dax 30 di Francoforte (-2,56%), vicinissimo a rompere al ribasso la soglia degli 11mila punti.
È vero che dal punto di vista prettamente tecnico la connessione finanziaria tra le Borse cinesi e quelle europee è meno marcata, visto la parziale chiusura del mercato finanziario agli investitori stranieri. Ma non va trascurato che «l’impatto che le borse cinesi possono avere sui listini europei non è un elemento da trascurare ed i meccanismi di trasmissione possono essere numerosi. Innanzi tutto, i ribassi cinesi sono un sintomo di instabilità del sistema finanziario di Pechino, che potrebbe mettere a rischio, o quantomeno rallentare, i piani di sviluppo interno, dai quali dipendono le sorti delle materie prime e dei produttori di beni capitali. In secondo luogo, l’instabilità va a ledere la fiducia di quella parte dei consumatori cinesi a più alto reddito, che sono i maggiori acquirenti di prodotti occidentali di alta gamma. Questi due elementi insieme potrebbero riaccendere i timori per un rallentamento delle economie europee e di nuove spinte deflazionistiche», come spiega Massimo Terrizzano, responsabile fondi di Bnp Paribas Ip.
Le contraddizioni però non mancano. Proprio ieri – mentre le Borse europee accusavano il colpo – Jp Morgan confermava la visione overweight (sovrappesare) sulle Borse europee indicando che «il quadro complessivo resta favorevole con un significativo miglioramento delle condizioni del mercato del credito, una ripresa dell’offerta di moneta e un indebolimento dell’euro che andrà a rafforzare l’economia». Così come va detto che il mercato obbligazionario governativo europeo è rimasto relativamente tranquillo con lo spread BTp-Bund a 120 punti base (dai 117 della vigilia) il rendimento del decennale italiano all’1,89%.
Mentre il dollaro si è indebolito con l’euro che è risalito di oltre una figura oltre quota 1,11, sostenuto dall’indice Ifo (fiducia imprese tedesche) a luglio migliore delle attese e in attesa del comunicato di domani del Fomc (il comitato operativo della Federal Reserve) sulla politica monetaria da cui si attendono indicazioni su un eventuale rialzo dei tassi negli Usa già da settembre. Ma proprio i timori di un rallentamento cinese e di un contagio finanziario potrebbero spingere la banca statunitense a rimandare i tempi della stretta.