Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 28 Martedì calendario

Il New York Magazine mette in copertina le trentacinque donne che accusano Bill Cosby di abusi sessuali. È l’immagine che fa sparire per sempre il papà buono dei Robinson (la serie che l’ha reso famoso nel mondo) e senza possibilità di appello lo trasforma nello strupatore seriale che le sue presunte vittime lo accusano da decenni di essere

Trentacinque donne e una sedia vuota. È l’immagine che fa sparire per sempre il papà buono dei Robinson (la serie che l’ha reso famoso nel mondo) e senza possibilità di appello trasforma Bill Cosby nello strupatore seriale che le sue presunte vittime lo accusano da decenni di essere. Anche se nessuno lo ha mai condannato per violenza sessuale.
L’ha pubblicata ieri in copertina il settimanale americano New York Magazine, che con un lavoro lungo sei mesi ha raccolto foto e testimonianze di 35 delle 46 (finora) accusatrici del comico americano, ricostruito singolarmente le loro storie e cercato di spiegare perché nessuno abbia creduto alle denunce emerse già 10 anni fa.
Neppure lo strano attacco rivendicato da un gruppo di hacker, che ha reso il sito del magazine irraggiungibile per gran parte della giornata, è riuscito a limitare la forza delle loro storie e dei loro volti, moltiplicati all’infinito sui social media, spesso con l’hashtag #theEmptyChair («la sedia vuota») per invitare altre possibili vittime a denunciare. I loro racconti sono tutti simili e letti uno dopo l’altro, invece che indebolirsi a vicenda, aggiungono orrore ad orrore, una nauseante carrellata che rivela sempre lo stesso modus operandi.
«Il mio agente mi disse che ci aveva contatti un grandissimo nome dello spettacolo che era interessato a fare da mentore a giovani talenti. Era l’opportunità di una vita – dice Heidi Thomas, 55 anni, che riferisce un episodio del 1984 —. Mi disse: “Proviamo una scena che non conosci”. Era ambientata in un bar, il personaggio si ubriacava. Mi versò un bicchiere di vino bianco: “Usa questo, devi bere da qui, ovviamente”, affermò. Non mi ricordo molto altro, eccetto che mi risvegliai nella sua stanza, era nudo e mi stava costringendo a un rapporto orale».
«Portò me e la mia coinquilina a cena. Parlava con lei e cercava di sedurla, si sporse verso di me e mi mise una pillola nel bicchiere: “Ecco, questa ti farà stare meglio”. Mio figlio era morto da poco», racconta Victoria Valentino, 73 anni, aggiungendo che nel 1969 Cosby le avrebbe poi condotte a casa sua mentre non erano in grado di reagire e avrebbe violentato prima l’amica e poi, ripetutamente, lei. Margie Shapiro, 58 anni,riferisce di come il comico l’avrebbe convinta a seguirlo a una festa nel 1975, dopo averla conosciuta nel negozio di ciambelle in cui lavorava. E di essersi svegliata senza memoria, nuda, nel suo letto. Esattamente come si sarebbe ritrovata per ben due volte Sunni Welles, allora aspirante attrice 17enne, a metà anni 60. Ricorda pasticche, droghe e risvegli sotto il peso di Cosby anche Barbara Bowman, che lo ha frequentato dal 1985 al 1987. E Lili Bernard e Linda Kirkpatrick, 58 anni, che lo ha conosciuto nel 1981 a un torneo di tennis.
Di droga e pasticche ha parlato infine anche Cosby in una deposizione del 2005 relativa alle prime denunce, poi chiuse con un accordo extragiudiziario, pubblicata la settimana scorsa: ammetteva di usare pillole di Quaaludes, stupefacente che immobilizza. «Le usavo allo stesso modo in cui qualcuno avrebbe detto: “prendi qualcosa da bere”» ha ammesso, confessando di aver cercato giovani donne con «problemi economici». Dieci anni fa se la cavò senza finire di fronte a un giudice. Né Cosby né le sue vittime sembravano ritenere che le sue azioni potessero essere considerate stupro – nota il New York Magazine —: gli stupri allora erano solo aggressioni violente in una strada buia. Trent’anni di attivismo delle donne e il microfono dei social media hanno finalmente fatto capire a tutti che non è così.