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 2015  luglio 07 Martedì calendario

Airbnb in vacanza a casa d’altri. L’Italia è il terzo paese al mondo per giro d’affari dopo Stati Uniti e Francia. È la piattaforma ideale per incontrare turisti e viaggiatori d’affari. Gli alloggi offerti oggi in Italia sono oltre 150 mila, il 99% in più di quelli del giugno 2014. Si guadagna fino a 400 euro la settimana

Sarà la crisi, sarà una moda, saranno le foto patinate, ma c’erano una volta le seconde case lasciate vuote, lusso improduttivo, e oggi sono sempre meno. Gli italiani si sono accorti del piccolo tesoro che avevano, letteralmente, in casa e hanno iniziato a mettere sul mercato letti e stanze, secondi bagni e divani, trovando in Airbnb una piattaforma ideale per incontrare turisti e viaggiatori d’affari. Il servizio web nato in California è sbarcato in Italia nel 2011, ma ha registrato nell’ultimo anno una crescita verticale. Gli alloggi offerti oggi in Italia sono oltre 150 mila, il 99% in più di quelli del giugno 2014.
L’Italia è il terzo mercato al mondo per Airbnb, la società fondata da Brian Chesky che oggi ha una valorizzazione da 24 miliardi di dollari ed è divenuta un paradigma della sharing economy, la nuova epoca dell’economia che mette al centro i numeri, l’efficienza e la condivisione. Non è stato sempre tutto in discesa per Chesky e soci: quando nel 2008 avevano già l’idea ma non ancora un dollaro, indebitarono prima le rispettive carte di credito, e poi si misero a vendere scatole di cereali personalizzate. Prodotte a mano. I cereali portarono in cassa 30mila dollari fondamentali per lo sviluppo della società. Forse senza le medesime ambizioni globali, la notizia è che anche gli italiani hanno iniziato a far di conto, tra tasse, un mercato immobiliare depresso e milioni di appartamenti sfitti. La vecchia casa del nonno è diventata «loft in centro», la camera degli ospiti è diventata davvero tale, ma uno diverso alla settimana. Molti hanno comprato casa e pagano il mutuo con l’incasso dell’affitto. In questi giorni, una settimana in un appartamento a Torino porta al proprietario circa 228 euro, che diventano 563 a Venezia, 341 a Roma, 422 a Milano. Ma su Airbnb c’è anche il lusso, con i ricchi proprietari che un tempo si sarebbero nascosti pur di non ammettere che affittavano la casa in montagna, mentre oggi no, oggi è diverso, è Airbnb.
Elisa, tutor universitario a Torino, 50 anni, ha scoperto il servizio a New York. Al ritorno ha iniziato a studiare come fare meglio del suo host. La terza camera della sua casa di Torino è da allora in affitto. «Oltre allo spazio bisogna considerare anche il tempo. Se non sei curioso e non vuoi parlare altre lingue, allora Airbnb non fa per te», dice. Gli ospiti hanno il bagno privato, ma per quei giorni «fanno parte della famiglia».
Airbnb ha dato vita a un indotto di commercialisti e consulenti, pulitori e ristrutturatori. Sicuramente ha fatto bene all’Ikea, visto il proliferare di librerie Billy e tavolini Lack. Ma con il sito è nato anche un nuovo stile nel racconto della propria casa. Il titolo accattivante dell’inserzione, le fotografie dei particolari (confermate di volta in volta dai viaggiatori), tutto conta per catturare l’attenzione del cliente. Come ogni servizio sociale che si rispetti, alla fine ci sono le recensioni: anche chi paga per la camera o l’appartamento riceve un voto, e così alla prenotazione successiva il controllo è più qualificato.
Quando Stefano, avvocato, 35 anni, ha iniziato a offrire un appartamento su Homelidays qualche anno fa, le proposte a Trieste erano quattro. Oggi sono una settantina. «Senza grande sforzo, gli ospiti arrivano. Certo, diventa una piccola attività parallela, devi essere organizzato», avverte. Homelidays, parte del gruppo francese Homeaway, è un altro dei tanti attori del mercato: chiede agli inserzionisti una tariffa annuale per comparire sul sito, mentre Airbnb trattiene una percentuale, dal 6 al 12% per i viaggiatori e del 3% ai padroni di casa.
Il sistema alberghiero italiano ha un milione di camere. Airbnb vale già adesso, sottostimando il numero di stanze per alloggio, più del 15% del mercato. Così, mentre il mondo corre, Federalberghi esige regolamentazioni, la Fiaip chiede a Airbnb di pagare le tasse in Italia. Tecnicamente, Airbnb Italy srl, sede legale a Milano e ricavi per un milione 4.828 euro nel 2014, ha pagato 55 mila euro di tasse in Italia e chiuso l’esercizio con un utile di 24.978 euro. Il vero giro d’affari, centinaia di milioni, passa per gli Stati Uniti. Poi tocca ai padroni di casa dichiarare il reddito, tutto è tracciato e il denaro non è mai contante. I piccoli patrimoni immobiliari degli italiani scoprono un’inedita spinta all’efficienza. Chiamatela sharing economy, è qui per restare.
@bpagliaro