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 2015  luglio 06 Lunedì calendario

L’altra inchiesta (segreta e archiviata) con le telefonate del 2013 tra Silvio Berlusconi e le ragazze delle sue cene eleganti. Ora i pm Siciliano-Gaglio-Forno ripescano quelle intercettazioni indirette, e chiedono al Senato l’autorizzazione per utilizzarle

C’è la travagliata storia di una inchiesta archiviata nel 2012-2013 dietro e dentro la conclusione martedì scorso della nuova indagine su Silvio Berlusconi per corruzione delle ragazze-testimoni sovvenzionate dall’ex premier imputato e assolto nel processo Ruby 2011-2014.
Tra 2011 e 2012 il pm monzese Manuela Massenz trasmette per competenza territoriale a Milano alle pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano una inchiesta della Guardia di finanza per truffa su finanziamenti pubblici a un imprenditore. Le intercettazioni si imbattono per caso nel geometra Francesco Magnano, che presto si rivela utilizzato da chi volesse parlare in maniera riservata con Berlusconi. Ad esempio due ragazze del «bunga bunga», inserite nella lista testi del processo Ruby-Berlusconi e possibili parti civili in quello contro Fede-Mora-Minetti: Iris Berardi e Barbara Guerra in queste casuali intercettazioni «indirette» con Berlusconi cominciano a delineare una trattativa che mette in relazione alcune utilità (un’auto e una casa) con la prospettiva di un loro comportamento processuale favorevole all’ex premier.
Le pm Pradella e Siciliano iscrivono nel registro degli indagati non ancora Berlusconi (nome criptato: Andrea Nascente) ma le due ragazze (sotto i nomi Rosa Lo Presti e Cristina Battaglia) e Magnano (Alfredo Bongusto) per l’ipotesi di corruzione di testi. Ma il 19 aprile 2012 apprendono dai giornali che i pm del processo Ruby, Boccassini-Sangermano-Forno, in vista di una udienza hanno depositato segnalazioni bancarie di rapporti tra Berlusconi e le gemelle Irma e Concetta De Vivo, pure loro testi. Di colpo i telefoni di Guerra e Berardi ammutoliscono, e le pm Pradella e Siciliano protestano con il procuratore Bruti Liberati per non essere state avvisate di una iniziativa foriera di compromettere gli sviluppi della loro indagine. Bruti ribatte che il deposito processuale era stato un atto dovuto, anzi si mostra contrariato dai toni della protesta delle due pm, alle quali peraltro i colleghi del processo Ruby rappresentano l’impasse procedurale innescata dall’aver inquisito ragazze che dunque al momento di testimoniare in aula dovranno essere informate di essere indagate in reato connesso. Inoltre é «dubbia l’utilizzabilità» delle intercettazioni «vista la carica istituzionale di Berlusconi e le problematiche connesse alla valutazione della occasionalità o meno delle conversazioni con le due donne» di cui erano intercettati i telefoni.
Nel giugno 2012 le pm del pool dell’allora procuratore aggiunto Robledo rifiutano di archiviare subito, come chiedeva loro Bruti, che risponde con la scelta dei pm del processo Ruby di rinunciare a far deporre in aula Berardi e Guerra, le quali poi ritirano (apparentemente senza motivo) la costituzione di parte civile. Il fascicolo segreto però si è ormai raffreddato, e il 4 marzo 2013 le due pm si rassegnano a chiederne l’archiviazione (accolta dal gip Stefania Donadeo). Da lì, ora, i pm Siciliano-Gaglio-Forno ripescano quelle intercettazioni indirette di Berlusconi, per il cui utilizzo chiedono al Senato l’autorizzazione.