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 2015  luglio 06 Lunedì calendario

Quando Cipro fu salvata facendo pagare i correntisti. Nel 2013, alla fine di un duro negoziato, Bruxelles e Fondo monetario internazionale concessero al governo di Nicosia un prestito di 10 miliardi di euro a parziale copertura di un buco complessivo di 17 miliardi causato dalla crisi delle due principali banche del Paese. Un precedente per Atene

I tagli alle pensioni, i sacrifici sui salari e le tasse che aumentano. La lunga traversata nel deserto che attende il popolo greco, in ansia per il calvario economico e sociale che lo attende – e di cui si renderà conto quando i fumi dei festeggiamenti di ieri in Piazza Syntagma saranno svaniti – è un film che a Cipro conoscono molto bene.
Nel 2013, alla fine di un duro negoziato, Bruxelles e Fondo monetario internazionale concessero al governo di Nicosia un prestito di 10 miliardi di euro a parziale copertura di un buco complessivo di 17 miliardi causato dalla crisi delle due principali banche del Paese. Il caso fece storia non tanto per le dimensioni del passivo (l’isola del Mediterraneo vale appena lo 0,2% del Pil europeo ), quanto per il fatto che, per la prima volta, a pagare non fu soltanto la generalità dei cittadini ma anche la folta schiera di dirigenti e azionisti degli istituti.Oltre ai correntisti con i depositi più elevati. Nel dettaglio, la comunità internazionale pretese che la Banca Laiki fosse trasformata in una bad bank, da liquidare progressivamente, mentre i suoi attivi e tutti i suoi depositi inferiori a 100 mila euro dovevano essere conferiti alla Banca di Cipro, a sua volta ristrutturata.
IL PIANO
Il piano prevedeva che a sostenere le perdite o i costi della ristrutturazione e della necessaria ricapitalizzazione non fossero i contribuenti o i piccoli risparmiatori, ma gli azionisti delle stesse banche, i detentori delle loro obbligazioni, e i titolari dei depositi con giacenza superiore a 100 mila euro. Per questa platea le perdite medie in linea capitale furono del 36%.
L’operazione fu blindata da norme restrittive per evitare la fuga dalle banche e dunque ci furono forti restrizioni ai movimenti di capitali. A cominciare dal divieto, valido per tutti i ciprioti, di prelevare più di 120 euro al giorno. Una misura che durò per alcuni mesi.
L’OBIETTIVO 100%
A pagare per gli errori delle banche cipriote che negli anni precedenti, per attirare soprattutto clienti russi e asiatici, avevano offerto remunerazioni folli (intorno al 6% fisso), non furono dunque lo Stato e suoi i contribuenti. Anche se Fmi e Ue imposero al governo di mettere a punto una strategia per ridurre il debito pubblico sotto il 100% del Pil nel 2020. Un obiettivo da centrare con l’innalzamento dell’età pensionabile, l’aumento dell’Iva, un vasto programma di privatizzazioni e il rialzo delle tasse su rendite e profitti societari.
Da allora sono passati due anni e qualche mese e i ciprioti non galleggiano di sicuro sull’oro. Ma il salvataggio è riuscito, se è vero che il 5 marzo di quest’anno la Bce ha riunito il board a Cipro.