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 2015  luglio 03 Venerdì calendario

Se la dracma ritorna varrà fino al 50 per cento in meno. Ecco la prima conseguenza dell’addio all’euro: una svalutazione fortissima E dopo una fiammata si rischiano stop dell’export e super-inflazione

Sui terminali di Bloomberg la nuova valuta era tornata per poche ore già nel 2012 quando l’agenzia americana aveva simulato un possibile default. Ma allora non venne fissato alcun prezzo. Se domani la Grecia dovesse tornare per davvero alla dracma, o solamente inventarsi uno strumento di pagamento diverso dall’euro, dovrebbe mettere in conto una svalutazione fortissima. Anche «del 50%», come azzarda Alberto Gallo, analista della Royal Bank of Scotland a Londra. I greci, insomma, dopo essere entrati nella moneta unica cambiando un euro con 340,75 dracme se ne uscirebbero se va bene a quota 500. E con le ossa comunque rotte.
Il caso Islanda
«Possono anche partire con un cambio alla pari, ma poi la nuova dracma si svaluterebbe immediatamente», spiega Lea Zicchino, partner della società di consulenza Prometeia. «Difficile fare previsioni in questa situazione, ma il precedente dell’Islanda ci mostra che il cambio si svalutò subito del 40% per poi stabilizzarsi col tempo a -25». Per Luca Mezzomo, responsabile dell’analisi macroeconomica di Intesa Sanpaolo, è quasi impossibile tracciare scenari attendibili: «Entriamo in un territorio totalmente inesplorato, anche dal punto di vista istituzionale».
Dal punto di vista pratico sono possibili diverse vie di fuga. C’è un percorso «pulito», come lo definisce Mezzomno, simile (anche se rovesciato) a quello che abbiamo seguito per introdurre l’euro, che è quello di ridenominare tutti i rapporti economici con una nuova unità monetaria e che può essere attuato dall’oggi al domani, con un semplice provvedimento di legge. Per il circolante monetario, invece, «ci sono delle complicazioni in più perché il processo richiede una serie di operazioni fisiche, dalle stampigliature alle sostituzioni obbligatorie. E poi andrebbero predisposti i nuovi mezzi monetari».
La strada dei pagherò
L’esperto di Intesa spiega che però ci sono anche «altre strade possibili» che Tsipras potrebbe percorrere: nel momento in cui il governo di Atene decidesse di rescindere i legami con l’Unione monetaria il primo passo sarebbe quello di iniziare a emettere dei sostituti monetari, delle specie di «pagherò», che il Tesoro potrebbe utilizzare per pagare stipendi, pensioni e fornitori. Come se fossero dei Bot senza una scadenza specifica. Poi dovrebbe essere affrontata un’altra questione, ben più grave, quella delle riserve delle banche. Che fino a due settimane fa reintegravano coi finanziamenti dell’eurosistema i buchi prodotti dai prelievi massicci di contante ai loro sportelli e che adesso non possono più usare questo canale. Per ovviare a questo ostacolo, l’altro passo potrebbe essere quello di imporre alla Banca di Grecia di rifinanziare il sistema bancario. «Ma questa non sarebbe certamente una operazione indolore – sottolinea Mezzomo – perché questa sarebbe una violazione drammatica delle regole dell’Eurosistema e dei trattati. Sarebbe un passo molto grave: è un po’ come se si mettessero a fare euro falsi». Però, in questo modo, Tsipras riuscirebbe a far riaprire le banche. Quanto ai pagherò, i famigerati «Iou», acronimo derivato dall’inglese «I Owe You» (ti devo), anche questi strumenti non sarebbero indenni da un effetto-svalutazione. E comunque sarebbe più che altro solo una soluzione tampone, «utile a prendere tempo – come segnala Zicchino – Servirebbe per tornare al tavolo e trovare il modo di rientrare dalla crisi».
Nuovi euro «abusivi»
Ma se l’artificio è questo, sostiene Mezzomo, poi l’Eurosistema dovrebbe tutelarsi contro l’emissione abusiva di euro separando la Grecia dal resto dell’eurozona e sospendendo la Banca di Grecia dal sistema dei pagamenti interbancari. «Se Atene vuole mantenere la sua linea dura sarà obbligata, questione di giorni, a compiere qualche passo verso il ripristino della sovranità monetaria» dice Mezzomo. Già ora la Bce ha tutti gli elementi per sospendere l’erogazione di liquidità alle banche. Ma probabilmente nemmeno la vittoria dei «no» al referendum di domenica innescherà lo show down. Più probabile che lo strappo si realizzi tra il 6 ed il 20 luglio, quando rischia di maturare il secondo default, quello relativo ai prestiti della Bce. «Perché allora la Bce chiederà la restituzione dei fondi di emergenza e tutte le banche greche saranno insolventi».
Duro contraccolpo
Impatti sull’economia, su imprese e famiglie greche? Nell’immediato questi stratagemmi consentirebbe di far ripartire un’economia che si sta incartando molto rapidamente a causa della chiusura delle banche. Ma poi si innescherebbero anche effetti negativi. Ad esempio il solo blocco dei pagamenti internazionali – segnala ancora Mezzomo – metterebbe in grandi difficoltà tutte le aziende greche che hanno rapporti con l’estero. E si rischierebbe uno stop dei flussi di import-export, compresi gli approvvigionamenti di energia. Zicchino segnala poi il rischio che ci sia «una esplosione dell’inflazione, perché il governo greco col default farà fatica a finanziarsi anche sul mercato interno».
Scenari apocalittici, impossibili da immaginare fino a poche tempo fa? Certo, come impossibile (dicevano in tanti) pensare che un paese potesse uscire dall’Eurozona. Mentre ora la Grecia è lì ad un passo.