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 2015  luglio 03 Venerdì calendario

Gianni Clerici accompagna il suo delizioso amico britannico Harry in una visita ai tennisti italiani in campo a Wimbledon, iniziando con Camila Giorgi, proseguendo con Fabio Fognini e terminando con Andreas Seppi. Infine un breve passaggio per assistere alla triste eliminazione di Rafa Nadal per mano del giamaicano Dustin Brown

Un mio delizioso amico britannico, Harry, che adora l’Italia non meno di quanto avvenisse a Stendahl, o, tra i contemporanei al saggista e tennista Denis Grozdanovitch, mi ha chiesto oggi di accompagnarlo, in una visita ai tennisti italiani. Abbiamo iniziato dalla Giorgi, e, alla sua sorpresa per il nome, Camila, con una sola L, ho spiegato a Denis che la piccola rappresentava un aspetto curioso della vita, l’emigrata di ritorno in un paese che gli antenati erano stati costretti a lasciare, con quello che si chiamava passaporto rosso, e con una fame di poco inferiore alle attuali vittime degli scafisti. La piccola, che già da bambina dimostrava un talento insolito nel giocare a palla, è stata ospitata dapprima a Como, e in seguito, grazie a un inatteso ricorso storico, a Macerata, luogo in cui, nello Sferisterio, si è a lungo preferito il gioco del pallone a bracciale alla musica operistica.
Harry ha sorriso, ha ammirato il tennis aggressivo e cieco di Camila, come sempre incitato da un papà in tutto simile, e non solo nel taglio dei capelli, a Casaleggio. Camila era talmente superiore alla Arruabarrena, un’avversaria di San Sebastian, antica capitale del tennis spagnolo prima di essere soppiantata da Barcellona, che ci siamo limitati ad applaudire, affrontando i vialetti sommersi di tennis lovers, per ritrovarci al campo N. 12, dov’era atteso Fabio Fognini. Fognini, avrei spiegato ad Harry, è non solo borghese, ma ligure, una regione che ha dato tantissimi campioni al tennis italiano, da Placido Gaslini a Gino Vido, da sua figlia Rosalba alla Ferrando.
Harry mi ha chiesto se fosse autentica l’antica connotazione, che spingeva a ritenere difficile che un ligure donasse una palla, ma simile sospetto è subito svanito, alla vista dell’odierna prestazione di Fabio. Aveva di fronte, Fognini, uno dei tanti tennisti identificati dal passaporto in modo diverso dagli ascendenti. Pospisil, il suo avversario, era infatti giunto in Canada da uno dei due principali paesi europei produttori di tennisti, ora scomparsi, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia. E il povero Fabio doveva presto rendersi conto che il suo avversario aveva dentro i geni dei grandi battitori cechi, da Roderich Menzel a Jaroslav Drobny, alla Navratilova. “Ma tu mi assicuri che, su un altro campo, il tuo ligure avrebbe economizzato sino a commettere qualche errore di meno?” mi ha domandato Harry. “Ne sono sicuro. Anche se capisco che forse non sarebbe bastata la parsimonia, contro un tipo capace di 29 aces, e altri 11 servizi vincenti. Contro un tipo come Pospisil Fabio avrebbe avuto bisogno di una battuta quantomeno più regolare, per costringere quel rapinatore del suo avversario a non concludere gli scambi quasi si trattasse del nobile gioco della morra”.
Deluso com’ero dalla partita di Fabio, non ho comunque potuto evitar di seguire Harry al terzo match di un italiano, Andreas Seppi. Ci siamo quindi spinti a fatica tra gli spettatori del Campo N.7, per ammirare le notevoli quantità di colpitore dell’altoatesino, opposto ad un tipo prodotto dalla seconda grande fabbrica di tennisti contemporanei, la Jugoslavia. Non meno di un positivissimo Seppi abbiamo tuttavia ammirato il suo giovanissimo avversario, Borna Coric, uno che potrebbe addirittura disputare il torneo junior, tanto è giovane. Seppi, l’ho già scritto e lo ripeto, sembra nato sull’erba, e non sulle nevi del trentino. Lungi dal serve and volley tipo Pospisil, arriva a dirigere un gioco di rimbalzi in accelerazione in grado di mettere in difficoltà più di un avversario. Borna Coric, che sarà un campione, ma ancora deve diventarlo, è stato ammirevole nel trascinare il match al quinto set, ma ha mostrato che un divario finale di 12 games a 2 non era certo causato da una caduta nel terzo set, un incidente che aveva, secondo il mio amico Harry, disturbato la concentrazione di Andreas più che la schiena di Borna.
Infine, quella che alcuni hanno ritenuto sorprendente, l’eliminazione della controfigura di Nadal, è stata più pittoresca che inattesa. Il suo avversario, il giamaicano nato in Germania Dustin Brown, con tutti i suoi riccioloni e i tatuaggi, non sarà certo l’ultimo di una serie iniziata l’anno passato con lo stesso Brown, e continuata con Kyrgios, Klizan, Feliciano Lopez, il piccolo Coric, Fognini (2 volte) Verdasco, per dimenticarne certo di meglio classificati. Che tristezza. Il mio amico Denis commenterebbe forse Les dieux s’en vont.