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 2015  luglio 01 Mercoledì calendario

La vita romanzata di James Kirkwood, il Pulitzer che raccontò l’altra Hollywood: figlio di una diva del muto, autore di A Chorus line, racconta una storia scritta in prima persona, molto divertente eppure malinconica, all’ombra delle star

Quel pomeriggio nebbioso e umido del settembre 1936, James Kirkwood Jr. era solo nell’immensa casa hollywoodiana imprestata da amici della madre. Uno dei due cani, il pekinese, non tornava dal grande giardino, e allora il ragazzino, aveva 12 anni, andò a cercarlo. E improvvisamente si trovò davanti al corpo inanimato di Reid Russell, il venditore di automobili ennesimo fidanzato di sua madre. Aveva un buco nero nella testa, la faccia coperta da formiche.
Era morto da un paio di giorni e nessuno se ne era accorto. Quell’episodio, uno dei tanti di una vita destinata al disordine, diventò il fulcro del primo romanzo, semiautobiografico, dello stesso Kirkwood, There must be a pony! scritto anni dopo e pubblicato nel 1960, quando l’autore aveva 36 anni; in Italia uscì nel 1963 da Garzanti, col titolo Forse ci sarà un pony, una storia scritta in prima persona, molto divertente eppure malinconica, che allora, contrariamente che negli Stati Uniti, da noi non divenne un bestseller. Si sa che oggi c’è un gran ripescare di bei libri del passato, soprattutto se intelligentemente spiritosi, che vengono riscoperti con successo. E il Saggiatore si è impossessato di quell’appassionante e dimenticato romanzo, ripubblicandolo con il titolo La versione di Josh. Josh è il protagonista, ha 15 anni, è un ragazzino pieno di saggezza e pazienza, che adora e protegge la sua bellissima mamma quarantenne, diva al tramonto, ubriacona e geniale nel legarsi a uomini che non valgono nulla, non la amano e soprattutto detestano il dolcissimo Josh. Che cresce in solitudine e disagio, ma sempre ottimista, come il vero James, i cui genitori si separano nel 1931 (lui è nato nel 1924, ma da adulto si è sempre tolto sei anni).
Il padre cattolico ne ottiene la custodia, poi il ragazzino va a vivere nella bella casa di una amabile zia coi cuginetti, cambiando decine di scuole, non facendosi dei veri amici: ed è felice quando riesce a trascorrere i fine settimana con l’adorata mamma, che un po’ lo ricopre d’amore, un po’ lo fa assistere a clamorose scenate.
La mamma di Josh si chiama Rita Cydney, quella di James Kirkwood Jr. era una diva del cinema muto che non si era persa con l’avvento del sonoro. Era nata nel 1905 ed aveva cominciato a quattro anni a girare gli Stati Uniti ballando e cantando sui palcoscenici, una specie di Shirley Temple bruna con magnifici occhi scuri: crescendo le era rimasto quello sguardo innocente da bambina, che il pubblico, e non solo, adorava. A 13 anni aveva attirato l’attenzione di Charlie Chaplin, appassionato di adolescenti, che l’aveva aiutata a passare al cinema, nel momento in cui stava trasformandosi in una industria miliardaria. Diventò Lila Lee e le aumentarono gli anni per poterla far lavorare. Solo più tardi, sedicenne, accettò la corte del leggendario Chaplin dalla pessima fama un po’ pedofila, che lei invece definì «un vero gentiluomo». Girò un centinaio di film, anche accanto a Rodolfo Valentino o con registi come Cecil B. De Mille. Nel 1923, a 18 anni, divenne la terza moglie di James Kirkwood Sr., 47 anni, attore di teatro, di cinema, regista, fascinosissimo, adorato da Mary Pickford e inseguito da tante donne. Dopo il divorzio da Lila nel 1931, ebbe due altre mogli, e ottenuta la custodia del piccolo James Jr., prima che la madre riuscisse a riaverlo, lo lasciò nelle mani di una matrigna indifferente.
Nel romanzo, la lussuosa dimora che una coppia di amici andati in Italia per un film, presta a Rita e a Josh, è sulla costa sud di Los Angeles, vicino a Hollywood: un gran regalo che comprende anche la cameriera Cecelia, due cani, una scimmietta e un pappagallo da accudire. Avanti e indietro vanno addetti stampa, agenti, sceneggiatori, amici poliziotti, padroni di ristoranti italiani, la solita gente che ruota affannosamente attorno al cinema. In casa si fanno feste ricchissime annegate nello champagne, oppure non ci sono soldi per fare la spesa. Rita è insonne e beve troppo, vuole tornare a lavorare adattandosi anche alla televisione, sogna di essere la star di un tempo.
Poi c’è Ben Nichols, un uomo che si occupa di pubblicità, identico a Cary Grant, che passa i fine settimana da loro, da quando Josh gli ha vomitato addosso su una giostra e lui e Rita si sono innamorati. Josh non è mai stato così felice, perché sua madre è felice e perché Ben, contrariamente a tutti i precedenti uomini di lei, gli vuol bene come un padre. Si può finalmente cominciare a pensare a una vita perfetta, a quella cosa a lui sconosciuta e sognata che è la famiglia. Ma Ben muore, forse suicida, forse ucciso: da chi, da Rita? Si scopre che lui non era quella meraviglia che faceva credere, aveva una difficile nascosta altra vita e da quel momento per Rita e Josh arrivano i tempi più duri della loro vita. Li avevano vissuti anche Lila Lee e James Kirkwood Jr. ragazzino, ma quando lui si racconta nel primo romanzo, il mondo è cambiato, Hollywood è cambiata, il cinema è cambiato ed è cambiata anche la sua vita. There must be a pony! diventa una commedia teatrale, protagonista Mirna Loy, poi nel 1986 anche un film per la televisione, con Elizabeth Taylor e Robert Wagner. Il piccolo sperduto James è ormai un giovane uomo di bell’aspetto, fa l’attore in serie televisive come Perry Mason, scrive altri romanzi e soprattutto testi di musical di grande successo, come A chorus line che vince ogni premio possibile, compreso il Pulitzer. Un altro suo famoso musical Legends!
è attualmente in tournèe in Australia.
Nella sua giovinezza passano molte donne, con una si fidanza ma è lei che sposa un altro mentre lui combatte nella II guerra mondiale. Poi nella sua vita ci saranno solo uomini. Amico del businessman Clay Shaw, il solo processato nel 1970, anni dopo l’assassinio di John Kennedy e assolto, scrive la storia di quel processo schierandosi contro l’accusa. È povero, è ricco, si droga: suo padre muore in miseria e solitudine nel 1963, sua madre, dopo altri due sfortunati matrimoni, muore di tubercolosi nel 1973. Negli anni Ottanta, sempre più promiscuo, James vede i suoi amici morire ad uno ad uno di Aids, a lui tocca il 21 aprile 1989. Ha 64 anni, ma ancora una volta entrando in ospedale in fin di vita ne dichiara 58.