Il Messaggero, 1 luglio 2015
Il finto poliziotto che violenta una sedicenne nel centro di Roma. Succede a via del Casale Strozzi, in Prati, nella stradina che costeggia il palazzo di giustizia, tra l’erba alta. Lei era con le amiche a bere, lui l’ha ingannata mostrando un tesserino fasullo e poi ha abusato di lei
«Siete troppo piccole per bere. Quanti anni avete? Sono un poliziotto, fatemi vedere i documenti». L’uomo mostra il tesserino fasullo che nell’oscurità si vede appena e le tre sedicenni cominciano a tremare con i bicchieri di plastica in mano. Solo una di loro ha la carta con foto e data di nascita. «Vieni con me, ti devo identificare». E la porta in una stradina senza uscita alle spalle del Tribunale, a piazzale Clodio, facendo finta di accompagnarla in commissariato. La trascina in un piccolo parco abbandonato lì accanto e la violenta. Precipita così nel buio e in un dolore senza ritorno una serata cominciata con l’incanto dei fuochi d’artificio a Castel Sant’Angelo e i giochi di luce riflessi sul Tevere spariscono di colpo. Piangono tutte e tre tornando a casa, abbracciano Angela (il nome è di fantasia) le asciugano il viso con le mani già bagnate di lacrime. La ragazzina viene portata al Gemelli mentre scattano nella notte le ricerche da parte della polizia dell’uomo, le telecamere di un locale lì vicino – in via Mirabello – lo hanno ripreso mentre fugge via. Un tipo alto più o meno 1,75, pantaloni chiari e maglietta gialla, muscoloso.
IL DOCUMENTO
Angela non ha ancora sedici anni e non vive a Roma, è ospite per qualche giorno da un’amica che abita a Prati. Dopo lo spettacolo sul fiume per la festa di San Pietro e Paolo, sulla via del ritorno, si fermano a bere in un locale in via Bafile, a due passi da via Teulada. Hanno i bicchieri in mano, sono in strada. Si avvicina quell’uomo e dice di essere un poliziotto. «Seguimi», e Angela, l’unica ad avere i documenti obbedisce, lo segue già impaurita anche se non può immaginare l’inganno. Le due amiche restano lì ad aspettarla, la vedono andare via con quello che credono un poliziotto. La sedicenne percorre quelle strade a fianco il tribunale, convinta che ancora pochi passi ed entrerà nel commissariato e lì la identificheranno. Via Casale Strozzi è la stradina che fiancheggia il palazzo di giustizia, lì parcheggiano gli avvocati. Giunti lì l’uomo afferra Angela per un braccio e la porta tra l’erba alta.
LE TELECAMERE
Le amiche cominciano a preoccuparsi quando passa mezz’ora e lei ancora non torna. La vedono arrivare in lacrime, sola. Intuiscono qualcosa. La ragazzina riesce appena a raccontare, ogni parola è un singhiozzo, dice che quell’uomo l’ha violentata laggiù, in un parco, che non era vero niente, non era un poliziotto e loro ci sono cascate. Le amiche l’abbracciano, tornano a casa, tenendosi strette, una delle tre non abita lontano. Citofonano, dicono qualcosa alla mamma con la voce affannata. La donna scende in strada. In quel momento vedono passare quell’uomo in lontananza: «È lui, il bastardo», indica Angela. La maglietta gialla, i pantaloni chiari, sembra proprio lui. Provano a inseguirlo ma quel tipo si dilegua veloce. Le telecamere di un locale lì intorno riprende la scena della fuga.
È da poco passata la mezzanotte quando le volanti della polizia arrivano nei pressi di piazzale Clodio, sul caso indaga la squadra mobile di Roma diretta da Luigi Silipo. Angela trema ancora, la coprono con una coperta in questa notte calda. Ripete quello che ha già detto alle amiche e le parole fanno ancora più fatica, c’è anche una psicologa ad aiutarla nel ricostruire quei trenta minuti: quel tipo l’ha costretta a un rapporto orale e lei terrorizzata non ha nemmeno provato a resistere. Un’ambulanza la porta al Gemelli. Per tutta la notte le volanti della polizia setacciano la zona a caccia dell’uomo.