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 2015  luglio 01 Mercoledì calendario

Ecco chi paga se la Grecia sprofonda. Denaro più caro, mutuo più alto e investimenti in azioni bruciati per l’Italia. Un conto salato, ma per i francesi sarebbe ancora più caro

Prima contatevi, poi vedremo. La secca risposta di Angela Merkel all’ultima proposta in arrivo da Atene dimostra, al di là delle possibili evoluzioni di una partita che riserva emozioni ad ogni passaggio, che frau Merkel non si fida più, dopo tanti dietrofront, della controparte greca. Stessa diffidenza da parte della ditta Varoufakis: senza un impegno preciso sulla ristrutturazione del debito, non se ne farà nulla. Insomma, il grande poker è arrivato al passaggio chiave: basta bluff, ciascuno mostri le carte che ha in mano. La posta in palio? Sulla Grecia grava un debito pregresso di 350 miliardi di euro. Ma il conto potrebbe essere anche più salato, visto che, comunque vada, la Grecia avrà bisogno di nuovi aiuti per non sprofondare in una voragine che potrebbe avere conseguenze pesanti per l’intera Ue.
1) Prima di analizzare il costo dell’accordo in extremis (o della frattura) proviamo a valutare la consistenza dei due scenari contrapposti. Gli analisti finanziari hanno provato a misurare le due ipotesi. In particolare, il Crédit Suisse ritiene che le possibilità che si verifichi un Grexit, cioè l’uscita di Atene dall’euro, siano più o meno il 30%, destinato a salire fino al 50% nel caso che la Bce ritiri i fondi Ela (89 miliardi) già prestati.
2) È la tesi preferita dalle Borse che, dopo la scontata frana di lunedì, hanno mantenuto la calma. La matematica, che non è un’opinione, permette di misurare il nervosismo degli investitori: il calo della probabilità di un accordo è destinato a comportare un ribasso del 7% degli indici. Insomma, dopo due giorni di ribassi, le Borse potrebbero aver finito la discesa. A meno di un tracollo dell’intera costruzione europea.
3) Il caso ha voluto che il braccio di ferro coincida con il giro di boa di metà anno: negli ultimi sei mesi Piazza Affari è salita del 19% ma i prezzi, se confrontati con quelli di Wall Street, sono ancora convenienti: almeno l’8% in meno. O addirittura il 34% in meno se si considerano le potenzialità dei titoli europei, dopo anni di recessione. Dunque, ai quattrini già versati alla Grecia ed al rischio di accollarsi il passivo accumulato vanno considerati anche i mancati progressi delle economie europee.
4) Il danno è particolarmente rilevante per l’Italia. Il Crédit Suisse (così come Goldman Sachs o Black Rock) suggerisce per ora di comprare titoli italiani, in vista di un possibile decollo delle migliori aziende quotate, specie delle banche. Al contrario, i gestori internazionali intendono mettere nel mirino la Francia, assai più indietro del Bel Paese in materia di risanamento della finanza pubblica ma con uno spread assai più basso, per ora, nei confronti del Bund tedesco: compra Italia, vendi Francia potrebbe essere l’idea giusta se non ci fosse di mezzo a Grecia. Quando sale la tensione, però, cresce anche il rischio legato al debito pubblico di casa nostra.
5) Il prezzo per l’Italia, dunque, sarà salato. Di più in caso di Grexit, non solo perché in quel caso i debiti di Atene andranno in fumo. Ma a questo si aggiungeranno danni collaterali, ovvero l’aumento del costo del danaro che si farà sentire sui mutui a tasso variabile in essere. O sui nuovi contratti, con il risultato di frenare la timida ripresa delle compravendite immobiliari.
6) In caso di soluzione positiva, l’Italia dovrà farsi carico degli inevitabili nuovi aiuti alla Grecia. Le condizioni offerte ad Atene non sembrano, nell’immediato, proibitive. Il surplus di bilancio richiesto è molto modesto, mentre gli interessi sul debito dovrebbero essere spalmati sul lungo termine.
7) Perché non si fa l’accordo? L’Eurogruppo ha senz’altro una grossa responsabilità: ha evitato con cura di prendere impegni su debito esistente, come insiste il Fondo Monetario nella giusta convinzione che la Grecia non riuscirà mai a ripagare il debito accumulato in passato, un po’ per colpa propria un po’ per la disinvoltura dei creditori tedeschi e francesi, che hanno scaricato sui contribuenti europei i loro errori.
8) Non è che la Grecia meriti troppa comprensione. Il ministro Varoufakis invece che colpire le pensioni più alte, ha proposto l’aumento dei contributi a danno delle misure già prese a favore dell’occupazione. Altre misure presentate dal governo di Atene hanno alimentato il sospetto che il governo Tsipras non intenda prendere impegni di alcun tipo. Ma ormai l’attesa volge al termine: prima o poi i bluff si vedono.