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 2015  maggio 29 Venerdì calendario

Rom: ecco una delle poche parole che possono ancora scaldare gli animi in un Paese che pare aver digerito tutto. Una guerra a suon di accuse e di insulti vicendevolmente scambiati tra due categorie di estremisti, che per comodità chiameremo razzisti da una parte e negazionisti dall’altra

Rom: ecco una delle poche parole che possono ancora scaldare gli animi in un Paese che pare aver digerito tutto. Non ci si divide più per destra e sinistra, Berlusconi viene applaudito da Fazio e si vota tranquillamente un condannato. Ma su quelle tre lettere – erre, o, emme – c’è la guerra.
Guerra come la si intende da noi, ovviamente. Cioè a suon di accuse e di insulti vicendevolmente scambiati tra due categorie di estremisti, che per comodità chiameremo razzisti da una parte e negazionisti dall’altra.
Il razzista è un tipo umano che solitamente fa cominciare le proprie argomentazioni con una premessa – «io non sono razzista» – e le fa proseguire con un «però». Io non sono razzista però questi rom qua rubano sporcano e campano a spese nostre, poi so per certo che l’altro giorno al supermercato una delle loro donne ha rapito un bambino dei nostri strappandolo dal passeggino.
Il razzista, quando c’è una tragedia come quella dell’altro ieri a Roma, non prende neppure in considerazione il fatto che, a volte, i pirati della strada o i delinquenti che non si fermano ai posti di blocco possono essere anche italiani. In qualche caso perfino del Nord.
Il razzista, quando c’è una tragedia come quella dell’altro ieri a Roma, considera stranieri solo gli investitori, e non gli investiti (la donna morta è filippina, come un’altra gravemente ferita; e sull’asfalto è rimasta pure una francese). Il razzista fa una certa fatica a distinguere tra stranieri e stranieri, figuriamoci tra nomadi e nomadi. Troppo complicato mettersi lì a disquisire sulle varie provenienze, religioni e culture. Non è più comodo chiamarli tutti zingari?
Il razzista fa le fiaccolate solo quando i responsabili di un’aggressione, di uno stupro o di un incidente stradale sono rom, non certo quando sono, ad esempio, camorristi: anzi qualche anno fa a Napoli fu la camorra a gestire una marcia contro i campi rom, risolvendo il problema. Il razzista non arriva certo a dire che la «soluzione» debba essere affidata appunto alla criminalità organizzata: bastano le ruspe, come ha chiesto il leader politico di riferimento.
Anche il negazionista è un curioso tipo umano. Pure lui, infatti, pare aver voglia di vedere solo ciò che vuol vedere. Vede benissimo, ad esempio, le misere condizioni igieniche in cui vivono i bambini dei campi rom: a volte in mezzo ai topi. Molto meno riesce tuttavia a vedere le responsabilità dei loro genitori.
Il negazionista è molto informato sulle ormai famose leggende nere che avvolgono il mondo dei rom. E non ha torto, perché in effetti circolano molte calunnie. Tuttavia accanto alle leggende nere ci sono le storie vere. Sono stati celebrati, in Italia, alcuni processi per «riduzione in schiavitù», perché ci sono nomadi che costringono i bambini (quasi mai figli loro) a rubare fino a quando compiono 14 anni, cioè fino a quando non sono punibili per legge e la polizia, subito dopo l’arresto, li deve rilasciare. Ma ricordarlo, per il negazionista, è «speculazione politica». Come è «speculazione politica» parlare del disagio dei cittadini italiani che vivono vicini ai campi rom subendo furti e trovandosi la spazzatura sotto casa... D’altra parte il negazionista abita in centro.
Morale. La questione dei rom potrà essere risolta solo quando verrà sfilata agli estremisti di cui sopra e presa in carico da coloro che avrebbero, per ruolo istituzionale, l’elementare compito di ripristinare la legalità. Il che vuol dire no alle ruspe, no a cacciare dall’Italia i nomadi e sì all’accoglienza. A patto, però, che gli accolti rispettino la legge, paghino i servizi e non vadano a rubare. Perché i rom non devono vivere fra i topi, ma non devono neppure fare i topi d’appartamento.