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 2015  maggio 29 Venerdì calendario

Mangiare è un atto politico. Il cibo come fonte di ineguaglianze, ma anche di fondamentali decisioni internazionali e di politiche dei singoli Stati. Il cibo, poi, come modello di produzione, nella non facile scelta tra modello contadino e grandi produttori globali

Il cibo come fonte di ineguaglianze, ma anche di fondamentali decisioni internazionali e di politiche dei singoli Stati. Il cibo, poi, come modello di produzione, nella non facile scelta tra modello contadino e grandi produttori globali. Domani, 30 maggio, col titolo Mangiare è un atto politico, la Coop propone questi e altri temi tra i suoi incontri pensati per l’Expo. Ne parlano il demografo Massimo Livi Bacci, Ugo Biggeri (presidente di Banca Etica) e il giornalista Stefano Liberti, col suo ultimo libro, Land Grabbing, dedicato all’acquisto massiccio e spesso spregiudicato di intere regioni nel Sud del mondo. E di come nutrire il pianeta parlano invece, nel pomeriggio, Stefano Bassi, presidente di Ancc-Coop, Martin Bloem per l’Onu, Myrna Cunnigham per il Forum permanente dei popoli indigeni, il direttore comunicazione di Coca-Cola Italia Vittorio Cirio, Andrea Ferrante per Via Campesina e Riccardo Valentini per la Fondazione Barilla.
Proprio la demografia, con i suoi nuovi interrogativi del periodo, è alla base di ogni confronto sul tema delle diseguaglianze. «C’è ancora un miliardo di persone che vive nel mondo in stato di estrema povertà e di malnutrizione», spiega Massimo Livi Bacci. «Ma il sistema produttivo, a livello mondiale, ha dimostrato che le capacità di produrre a sufficienza esistono, mentre il problema è la cattiva distribuzione delle risorse. Così, le aree di malnutrizione più gravi restano in India, nonostante il grande sviluppo del Paese, e nella parte sub-sahariana dell’Africa, dove a una grande mortalità si unisce anche un elevato tasso di distribuzione». Che cosa fare? «Ci sono ambiti, come l’Aids o la tubercolosi, dove solo la politica internazionale può intervenire, ottenendo grandissimi successi. Altri che invece devono essere imboccati dalle singole nazioni».
E sui collegamenti tra finanza e cultura interviene Ugo Biggeri: «Ciò che pensiamo è scritto nel manifesto della Commissione presieduta da Vandana Shiva. I tempi della finanza e quelli dell’agricoltura sono diversi, microsecondi per chi vende e compra in Borsa, anni e anni per chi coltiva. E il mercato pare ancora ignorare anche i cambiamenti geo-climatici. La stessa idea di profitto è diversa, perché per ogni agricoltore i profitti sono i beni prodotti dalla terra e per la finanza soltanto il denaro. E questa diversità può spingersi fino al land grabbing, l’acquisizione di migliaia e migliaia di ettari nei Paesi del Sud del mondo che era stata avviata dalle società cinesi ma ora è ormai pratica di ogni grande fondo finanziario. Questo ci preoccupa molto e assomiglia a una nuova e insidiosa forma di colonizzazione».