Libero, 28 maggio 2015
Ma allora rinunciare al vitalizio è possibile? Ecco il montiano Mariano Rabino, che ha rifiutato i tremila euro al mese dopo cinque anni da consigliere regionale: «Non mi è sembrato giusto incassare quell’assegno per tutta la vita. Come si fa? Basta firmare un modulo»
Mariano Rabino non ha avuto un esordio facile facile a Roma. Un po’ per le traversie del suo partito, Scelta civica, cui è restato aggrappato nonostante i numerosi scossoni (la rottura con Mario Monti, la scissioncina di Mario Mauro, le fughe nel Pd degli ultimi pionieri rimasti).
Questa legislatura era iniziata da poco, e lui fu pizzicato in un memorabile fuori onda nello studio del Tgcom24, dove confidava a un collega la sua folgorazione per Roma, motivandola così: «C’è il sole e tanta gnocca».
quella frase rubata è restato impiccato per un po’. Rabino è spiritoso, e non si è dannato l’anima per quello. Si è messo a lavorare in Parlamento, si è goduto il sole di Roma (è sempre abbronzato anche fuori stagione), e chissà, forse pure la gnocca. Ma l’episodio si è stemperato con il passare del tempo. Ce lo troviamo davanti all’improvviso in piazza del Parlamento, e ha qualcosa da dire sull’inchiesta che Libero sta facendo sui vitalizi di parlamentari e consiglieri regionali gonfiati rispetto ai contributi versati.
Rabino non era nelle liste pubblicate (è stato eletto in Parlamento solo nel 2013, e fa parte di quel piccolo gruppo che il vitalizio non lo potrà avere, perché è stato abolito l’anno precedente). Però sembra irritato lo stesso: si sente nel mirino come ex consigliere regionale (è stato cinque anni in Piemonte con la maglia del Pd. È ancora giovane, ma lì il diritto al futuro vitalizio l’ha maturato).
No, non è arrabbiato per quello: «Le vostre inchieste sono sacrosante», premette, «però con queste battaglie che fate il risultato è che alla fine veniamo messi tutti sullo stesso piano».
Un po’ lo siete, in effetti: sono centinaia sia gli ex che gli attuali parlamentari che quel vitalizio se lo tengono stretto stretto.
«Ma io no, e per questo non mi va di essere confuso nel gruppo!». Lei no come parlamentare: non ne avrà diritto. Ma come consigliere regionale... «Ecco, vede che non fate informazione per tutti? Io ho rinunciato al vitalizio da consigliere regionale, e non lo prenderò né un domani né un dopodomani. Ho maturato quel diritto nella legislatura 2005-2010. Qualcuno potrà dirmi che avrei potuto rinunciare allora al vitalizio. È vero: non l’ho fatto. Per altro il vitalizio – da 3 mila euro al mese attualizzati – sarebbe scattato solo fra 20 anni anni...».
E poi cosa è accaduto? «Che ci ho pensato su: con i contributi che ho versato nella legislatura fatta avrei dovuto avere quell’assegno al massimo fra i 65 e i 70 anni, forse un anno in più considerando gli interessi maturati. E invece l’avrei avuto finchè campavo. Non mi sembrava giusto, e l’ho rifiutato. E al momento sono l’unico parlamentare che ha rinunciato al vitalizio, e non mi va di stare nel gruppone all’indice...».
Ha rinunciato? Come? «Ho preso contatti», spiega Rabino, «con la dottoressa Bertini che dirige il Consiglio regionale, lei mi ha fatto firmare un modulo con cui ho rinunciato al vitalizio chiedendo indietro i contributi versati in quei 5 anni, e la cosa è finita così. Non potrò più averlo».
E per gli altri che non hanno fatto il beau geste, come la mettiamo? «Come vi ha spiegato il nostro segretario Enrico Zanetti: dalla vostra inchiesta emerge anche sul passato una sproporzione gigantesca fra contributi versati e assegni riscossi. Bisogna intervenire e almeno ridurre quegli assegni, magari con una norma di rango costituzionale che non corra il rischio di essere impugnata. Poi se è generoso il vitalizio contributivo che vale per i parlamentari oggi, ritocchiamo verso il basso anche quegli assegni».
Vedremo se Mariano Rabino, fino ad ora una mosca bianca rispetto all’esercito di suoi colleghi che intascano lauti assegni mensili, onorerà quell’impegno. Intanto è il solo parlamentare che si è tolto il vitalizio. Come lo chiamiamo? Devitalizzato? «Ma sì», sorride lui, «mi piace: è come essersi tolto un dente che fa male...».