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 2015  maggio 27 Mercoledì calendario

La resurrezione della Maddalena dopo il G8: «Adesso ripartiamo dal mare». Il progetto di Boeri, Koolhaas e Blaisse per ampliare la marina e liberare il lungomare dai traghetti: sarà pronto entro il 2020

Post fata resurgo, dopo la morte torno ad alzarmi. Se l’Araba fenice, oltre che dalle proprie ceneri, rinascesse dalle proprie acque, forse si chiamerebbe Maddalena. E magari, spiccato il volo – dopo sei anni il suggestivo progetto waterfront è sul tavolo, i soldi pure e stavolta nessuno dovrebbe papparseli perché la Cricca è alla sbarra; resta solo da appaltare e costruire, si spera entro il 2020 – l’isola fenice potrà guardare giù e specchiarsi nel paradiso azzurro che la circonda. Vedrà un nuovo porto per i traghetti (senza più l’impazzimento prodotto dalle auto che sbarcano). Una nuova marina (271 posti barca). Un lungomare degno di un luogo meraviglioso ma che oggi, e qui la beffa del G8 non c’entra, non si presenta proprio in smoking. «Si dice “non tutto il male viene per nuocere” – allarga il sorriso Mauro Bittu, assessore all’Urbanistica —. Qui il male ha nuociuto eccome. Abbiamo dato. Adesso ripartiamo dal mare». Ricapitolando. Le ceneri hanno una sigla: G8. Sottotitolo: Bertolaso-Balducci-Anemone. Quattrocento e passa milioni di denaro pubblico gettati al vento, anzi alle ortiche cresciute intorno all’hotel di lusso dell’ex Arsenale: lo scatolone che nel 2009 doveva ospitare il vertice dei grandi della Terra e che è ancora lì chiuso e inutilizzato da tutti tranne che dal maestrale che lo schiaffeggia e dai cormorani che lo utilizzano come gabinetto (la Mita di Emma Marcegaglia ha avuto l’area in concessione quarantennale ma ha chiesto i danni perché siccome lo Stato non ha i soldi per bonificare i fondali pieni di idrocarburi pesanti, la zona era ed è rimasta off limits ai turisti). G8 in quest’isola di 11 mila abitanti è sinonimo di tradimento, inganno, saccheggio, abbandono. Tutto è stato raccontato ed è materiale da aula giudiziaria: dalle ruberie della Cricca legata alla vecchia Protezione civile alla telenovela finita malissimo della gestione, appunto, dell’ex Arsenale militare. Quello che si conosceva meno – travolto dallo tsunami del vertice spostato dalla Maddalena all’Aquila – era una vicenda che per gli isolani – e per i turisti – non è un dettaglio. Il rifacimento del “fronte marino”. Progetto finanziato dalla Regione Sardegna nel 2008-2009. Ma ben due governi – Berlusconi prima, Monti dopo – erano riusciti insieme al governo locale di Cappellacci a farlo finire nel dimenticatoio. E così, suo malgrado, la Maddalena è diventata il simbolo non soltanto dello sperpero e della pubblica corruzione ma anche del sogno infranto. A riaccenderlo sono stati un sindaco-mediano, Angelo Comiti, e un architetto legato all’isola da molte affinità. Non soltanto elettive. È dalla mano di Stefano Boeri che è venuta fuori la “Casa sull’acqua” – detta anche Main conference —, simbolo oggi degradato della Grande Opera servita a far mangiare la Cricca. Ed è sempre la mano dell’architetto milanese – insieme ad altre due archistar, Rem Koolhaas e Petra Blaisse – a firmare il progetto del nuovo Waterfront (verrà presentato oggi in Comune). Repubblica lo descrive in anteprima. Un chilometro e mezzo di costa. L’affaccio del paese sul mare. Da Cala Balbiano – a sinistra dell’attuale porto guardando l’isola dal mare – fino a Punta Chiara. Il progetto elaborato dagli architetti prevede un “fronte marino” nuovo: moderno, leggero. Soprattutto, «fruibile». Aggettivo che, visto il passato recente dell’isola, da’ valore aggiunto. «Sette anni fa abbiamo fatto un sogno che è diventato un incubo», dice Boeri ricordando lo sfacelo giottino. «Questo, invece, è un sogno realizzabile». Eccolo il nuovo lungomare di Maddalena. Finalmente affrancato dai gas delle auto sputate fuori dai traghetti (“dirottati” su un molo di proprietà della Marina Militare). Impreziosito da due “chicche”: le stanze del verde e i satelliti portuali. Le prime sono «camere bianche senza tetto con all’interno le piante e le essenze dell’arcipelago. Passeggiando – spiega Boeri – la gente ci entrerà e potrà guardare il cielo stando in mezzo ai pini, al mirto, alle palme». I satelliti sono piattaforme galleggianti. Verranno appoggiate lungo la banchina e serviranno ad ospitare dehor, mostre, installazioni. «Si potranno spostare in giro per l’arcipelago» (sette isole). Anche le auto si dovranno spostare. La sistemazione urbana del lungomare, dietro le nuove banchine, prevede la creazione di 565 posti: il che dovrebbe dare un po’ di ossigeno a un centro che, nei picchi estivi, è afflitto da intasamenti metropolitani. Ultime voci: costi e tempi. Waterfront prevede un investimento di 17 milioni e 468 mila euro. I soldi sono già nelle casse del Comune. La Regione li ha sganciati e il bello, dicono in Municipio, è che sono fuori dal patto di stabilità. Entro quanto verranno spesi? La data indicativa – «ma è molto prudente» – riportata sul layout del progetto, dice 2020. In Comune giurano che da domani si lavora per il bando d’appalto. Una parolina che, solo a pronunciarla, da queste parti fa riaffiorare incubi. Li aveva portati gente arrivata da fuori, da Roma. Hanno ammazzato Maddalena. Adesso l’Araba fenice prova a rinascere.