Corriere della Sera, 25 maggio 2015
Genitori orfani dopo la maturità dei figli. Per 13 tredici anni hanno subito ore di compiti a casa, colloqui con insegnanti e e interrogazioni finite male. E poi all’improvviso, dopo l’esame, vengono travolti dalla sindrome di Stoccolma: la nostalgia del consiglio di classe e la depressione del libro chiuso
Finché un genitore è costretto a subirli, li vive come una iattura inferiore solo alle recidive delle malattie esantematiche. I colloqui con insegnanti inferociti, i compiti gomito a gomito la domenica sera, le disequazioni che erano delle sconosciute durante i fecondi anni del liceo figuriamoci adesso che la maturità è passata da un pezzo, le noie con il prof di religione e le sfuriate per il 4 in italiano, «cos’abbiamo fatto di male per meritare un figlio del genere!». Poi succede che quel ciclo, tredici anni, si compie. L’università è un’idea, ma non ancora definitiva. E d’improvviso si viene travolti dalla sindrome di Stoccolma: la nostalgia del consiglio di classe. La depressione del libro chiuso, diversa ancora da quella della pensione, della menopausa, della calvizie, viene quando si ha la sensazione di aver perso un ruolo, quello di guida, e la certezza che il tempo non ha mai smesso un attimo di correre. E se il columnist Joe Queenan giura sul Wall Street Journal che «grazie a Dio» quel giorno arriva e finisce lo strazio, non la pensano così mamme e papà alle prese con l’ultima campanella. «Eppure un genitore dovrebbe sentire la soddisfazione per aver raggiunto l’obiettivo di tirar su un individuo autonomo e pronto ad andare per il mondo, capace di cavarsela da solo», assicura lo psichiatra Claudio Mencacci. Un antidoto alla malinconia forse esiste. «Vale la pena concentrarsi sul fatto che la libertà dei figli coincide con la ritrovata libertà degli adulti. Meglio sfruttarla, allora: con una maggiore vita sociale e di relazione, sia come singolo che nella coppia. È il momento di aprirsi, non di chiudersi.
E di condividere la sensazione di smarrimento con chi ci sta accanto».