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 2015  maggio 22 Venerdì calendario

«Le parole di un intellettuale non possono costituire reato» dicono gli avvocati di Erri De Luca, accusato di istigazione a delinquere per le sue frasi sulla Tav («La Tav va sabotata. Le cesoie sono utili a tagliare le reti»). E lo scrittore si è presentato in tribunale col vocabolario, per spiegare le sfumature linguistiche del termine «sabotaggio», così da far passar i giudici, nelle intenzioni, per mezzi deficienti

Ma sì, assolvetelo. Le opinioni non sono reato, non sono istigazione a delinquere. La settimana scorsa, dopo un intervento televisivo su Erri De Luca da parte dello scrivente, sono scomparse da wikipedia alcune voci che lo riguardavano: quelle dei suoi appelli per l’assassino Cesare Battisti, per esempio, e quelle in cui negava che le Brigate Rosse fossero terroristi, o quelle in cui spiegava che i poliziotti uccisi negli Anni di piombo erano banalmente dei «caduti, alla stessa stregua dei caduti della sinistra rivoluzionaria». Non conta se ora le giudicaste delle idiozie: sono comunque opinioni, e le opinioni non sono reato.
L’altro giorno Paola Porrini Bisson, vicepresidente della Fondazione Erri De Luca e sua presunta manager – una così calata nella realtà italiana da vivere in California da 12 anni: a Laguna Beach, altro che Valsusa – mi ha definito «calunniatore» e ha preannunciato che muoverà «non solo i miei legali italiani, ma anche quelli americani» contro le mie opinioni, che evidentemente, invece, sono reato. Anche quelle di Silvio Viale sono reato: l’ex compagno di Erri De Luca in Lotta Continua, infatti, aveva scritto che De Luca in effetti aveva istigato al sabotaggio. La Porrini Bisson dice di aver querelato anche lui.
E Wikipedia? «Considero inattendibile la pagina di Wikipedia a me dedicata» ha scritto De Luca su Twitter. «Dunque», gli ha chiesto l’altro ieri in aula l’avvocato Alberto Mittone, «ci sono limiti alla parola?». Risposta di De Luca: «Quelli del codice penale». E siamo al punto. A parte quel modesto limite, infatti, tu puoi dire qualsiasi cazzata: ma attenzione, dipende anche chi sei. De Luca? Impossibile: «Le parole di un intellettuale non possono costituire reato»: lo hanno detto i suoi avvocati in varie dichiarazioni. Al Festival del giornalismo di Perugia, del resto, De Luca era circondato da giovani e futuri disoccupati che gli chiedevano l’autografo, e lui si concedeva, sorrideva da dietro i suoi baffi da nostromo buono; l’altro ieri in tribunale gigioneggiava con un drappello di ammiratori che indossavano la maglietta «#iostoconerri», la stessa sfoggiata da alcuni cosiddetti vip del Salone del libro di Torino: scrittori, editori, jazzisti e cantautori, i vari Gad Lerner, Concita De Gregorio, Sandro Veronesi e altri opinatori dalla parte giusta.
Perché le opinioni non sono reato: sono cazzate, magari, come quando rilasci un’intervista (1° settembre 2013) e dichiari «la Tav va sabotata, ecco perché le cesoie servono, sono utili a tagliare reti... il sabotaggio è l’unica alternativa». Pretendendo, poi, di presentarti in tribunale col vocabolario, e spiegare le sfumature linguistiche del termine «sabotaggio»: così da far passar i giudici, nelle intenzioni, per mezzi deficienti.
«La Tav va sabotata» continua a scrivere su twitter la manager dello scrittore, anche in questi giorni. «Sabotav» hanno scritto sui muri di Torino. E gli operai della Tav – che poi si direbbe il Tav, perché T sta per Treno – avevano già risposto il 23 aprile con una lettera pubblica: «Siamo gli operai e i tecnici del cantiere di Chiomonte, l’unico in Italia che ha dovuto essere protetto dalle forze dell’ordine per gli attacchi NoTav. Qualche intellettuale ha inneggiato al sabotaggio dell’opera in nome della libertà di espressione, ma non ha parlato con noi sabotati, non si è curato delle nostre espressioni e si è ben guardato dal venire in cantiere. Eppure siamo noi quelli che hanno vissuto gli assalti con cesoie, sassi, molotov e bombe carta, con un nostro collega ferito e un militare invalido per tutta la vita... per noi il verbo nobile è lavorare e quello ignobile è sabotare». La lettera fu riportata da tutti i giornali, ed è autentica: ma Erri De Luca – intervistato da Linkiesta il 28 aprile – rispose così: «Di questo non se ne parla proprio», «questo non esiste, è una cosa che non esiste, cioè, è una notizia che non esiste. Non esiste proprio. È una balla. È una lettera anonima, e non è nemmeno rivolta direttamente a me. È proprio una cosa di cui non posso parlare. Non mi riguarda affatto». E le cesoie, egregio De Luca? «Servono a ripristinare la legalità», ha poi detto a Skytg24. E ha pure detto che, se condannato, non proporrà appello «per non sprecare denaro pubblico». E già. Anche se difendere il cantiere della Tav – cioè la legalità vera – sinora è costato 20 milioni di euro, e purtroppo, almeno questa, non è un’opinione.