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 2015  maggio 22 Venerdì calendario

Elezioni in Puglia, Emiliano contro tutti: «La mia vittoria spaventa l’Italia, Renzi compreso». Almeno un pugliese su due non andrà alle urne: gli altri voteranno in massa per lui, dicono

Dà una voce a Guerìn, il ragazzo del parcheggio di piazza Libertà un po’ lieve di testa, «Ohé, Guerìn!». Fa ciao ciao al macellaio di fronte, che gli impone «di mangiare carne cruda come prova di virilità». Si sbraccia dal gippone nero che a stento ne contiene la mole falstaffiana, pure carnale e cruda, proprio come Bari e le famose cozze pelose dono degli imprenditori Degennaro, unica debolezza – più che altro di gola – che quasi gli stava sporcando un esemplare percorso netto in Municipio («dieci anni e mai un avviso di garanzia, lo scriva!»). Si sporge dal finestrino, «mi vogliono bene!», a salutare ad uso del cronista una città e una regione in realtà ciniche ed estenuate, che a stento s’interessano a ciò che potrà accadere il prossimo 31 maggio e dopo.
Almeno un pugliese su due non andrà alle urne: gli altri voteranno in massa per lui, dicono. «Una cosa surreale», azzarda dunque Michele Emiliano, ex pm, ex sindaco di Bari, che si sente governatore in pectore: «L’Italia si sta spaventando», aggiunge. Per il suo trionfo, sottintende. Renzi compreso? «Renzi compreso». Col bimbaccio di Rignano sull’Arno la guerra per ora è a tweet e schicchere. Dicono che Emiliano si immagini suo successore, tanto da mettergli un dito nell’occhio persino sulla riforma della scuola: «Io non devo niente a nessuno. Ma Renzi lo sostengo con lealtà, è un Napoleone della politica. E io voglio governare la Puglia cinque anni». Cinque, attenzione. Un mandato, poi vedrà. Intanto ammicca agli elettori di Berlusconi, «gli stessi miei, a Bari», e persino ai leghisti: «I migranti non vanno trattati meglio degli italiani, Salvini su questo ha ragione». Pop, post, social, pronto a ingurgitare chiunque.
Qui il berlusconismo s’è decomposto in due candidati e due fazioni, gli scissionisti fittiani del bravo oncologo Francesco Schittulli e gli ortodossi dell’intramontabile gentildonna nera Adriana Poli Bortone, con rovesciamenti da capogiro: l’oncologo era il primo prescelto del Cavaliere, la gentildonna al Cavaliere aveva fatto perdere le elezioni del 2010 e ne era quindi colpita da anatema. Per il Pd la vittoria pugliese annunciata potrebbe avere effetti tattici sulla Campania: Renzi si consolerebbe meglio al Sud – sussurrano – se smarrisse per strada Enzo De Luca, vate dell’Impresentabilità. Ma l’effetto reale sulla Puglia, dopo un decennio di narrazione vendoliana, cinema e taranta, è triste come un addio d’autunno.
«La campagna elettorale non si è fatta proprio, il centrodestra non era in grado, e le sagre di programma di Emiliano dicono tutto... con quel nome», spiega l’editore Alessandro Laterza, vicepresidente di Confindustria: «Piuttosto c’è stato, a destra come a sinistra, un intenso lavoro di captatio dei portatori di voti. Il decennio di Vendola è stato anche molto discusso ma il quadro non è stato mai così devertebrato. Lo spettacolo degli ultimi mesi è mortificante».
Si assiste a contorsionismi sublimi. Francesco Spina, sindaco di Bisceglie, presidente della Provincia Bat, alle comunali di Trani e Andria sostiene il centrodestra e alle regionali coordina le liste civiche d’appoggio a Emiliano. La Digos indaga sui soldi ai rappresentanti di lista in cambio di voti, dopo una clamorosa intervista di TgNorba a un tizio presentato come collaboratore di Anita Maurodinoia («ci pagano dai 30 ai 50 euro»). Anita, Miss Preferenze alle comunali, nega e querela. Ma, a prescindere, ha una storia funambolica: prima con Schittulli, poi con il nuovo sindaco pd Antonio Decaro, infine candidata da Emiliano alle regionali: non c’è querela che restituisca la bussola. Emiliano s’indigna se lo paragonano a De Luca per impresentabilità dei candidati: c’è qualche condannato in lista, sì, ma lui spiega che è tutta colpa del codice etico del Pd (ah, il Pd!) che lo consente per condanne minori in primo grado.
L’aria è mefitica a destra e a manca. Perfino un vecchio galantuomo come Schittulli se ne fa influenzare, sognando di rovesciare le previsioni «come Cameron» e sfogando la sua natura da gaffeur. Prima dà della malafemmena alla Poli Bortone: «Mesi fa si commuoveva alla mia candidatura, ora mi è rivale, mi sento tradito come Totò nella canzone». Poi piglia una china impervia: «Il cerchio magico di Berlusconi? Ha la magia di perdere. Gli riportano male le cose. Mica dico che è rimbecillito. Ma se fate il titolo “Schittulli dice che Berlusconi non è rimbecillito”, a lui fanno vedere solo la parola “rimbecillito”». Insomma, non è un gran complimento, e il professore si pente. Soave. Contro i francesi che, causa il batterio Xylella, boicottano i prodotti della Puglia, annuncia, nientemeno, che non metterà più cravatte di Parigi, tiè.
Alla stagione di Vendola hanno voltato le spalle due terzi dei pugliesi: l’Ilva, il gasdotto sotto l’Adriatico, gli ospedali chiusi, 160 mila posti di lavoro persi in sette anni, a ragione o a torto tutto ora seppellisce l’antica narrazione. «Nichi però ha gestito bene il trapasso», ghigna Emiliano che, antropologicamente, rimarca da lui distanze siderali. Vendola se ne tiene a prudente lontananza geografica (in Umbria, a visitare una masseria dove si curano disturbi autistici): «Qui respiro, la campagna elettorale è mefitica: la traduzione locale del partito della nazione è il trasformismo che lei vede». Emiliano continua a inseguire la candidata grillina, Antonella Laricchia (se la contattate, vi depisterà sul suo «addetto stampa»): «La farò assessore anche se non vuole!», tuona. Lei continua a rispondergli picche e a proporre il salario di cittadinanza regionale. Ma Emiliano non molla. Mai. «Poche idee ma lottatore formidabile», ammettono anche i nemici. Sul gippone ha una scritta: «I politici non sono tutti uguali». Ringhia: «Vacci in giro a Napoli con uno slogan così e vedi che ti fanno!». La sua gente la rampogna, la piglia a mazzate, la perdona. Se davanti gli passa un ceffo in moto, gli strilla: «Il cascooo!». Capita che quello, suo vecchio imputato, si giri e lo riconosca, «scusate, dotto’». Michele lo guarda come plancton, un sorriso e si pappa pure lui.