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 2015  maggio 06 Mercoledì calendario

Girolamo Segato, l’alchimista che voleva tramutare l’uomo in pietra, capace di trasformare gocce di sangue in gioielli. Storia e misteri dello studioso di mummificazioni

Riuscì a tramutare in pietra anche le sue gocce di sangue e a trasformarle in gioielli da regalare all’amata. Con una dedica, si narra, che ancora oggi dà adito a diverse interpretazioni e a molti brividi: «Le donne vogliono il sangue».
E lui, Girolamo il Pietrificatore, convinto dello strampalato assioma, volentieri accontentava le presunte brame femminili. E nel laboratorio segreto del suo appartamento all’ultimo piano di Palazzo Spini Feroni, vista sull’Arno e su via Tornabuoni, creava e sperimentava, sezionava e modificava. Guardando nel volto più oscuro e profondo un’altra femmina fatale, la Morte, per vincerla, forse, non con una mossa di scacchi, ma rendendola oggetto, statua. Pietra.
La storia di Girolamo Segato, (1792-1836) viaggiatore e naturalista, egittologo e cartografo, è legata all’edificio che tentò di sfidare la magnificenza di Palazzo Vecchio. E se un giorno riuscirete a visitare quello che fu il suo laboratorio, e toccherete le pietre delle mura, forse entrerete per un attimo in quell’ossessione che, come un vortice, risucchiò Girolamo e lo spinse, novello alchimista, a trovare il segreto per trasformare prima animali e poi umani in pietre.
Reperti che si troveranno nella mostra a Palazzo Spini Feroni (sono custoditi nel Museo di storia naturale dell’università di Firenze) ancora intatti. Come il busto di giovane donna, il tavolino dalla forma ovale realizzato con un mosaico di pezzi anatomici, frammenti di tessuti e organi animali. E uno spillo con incastonato il sangue di Girolamo solidificato, termine più esatto di quel «pietrificato» diventato emblematico durante la vita e la morte del «grande alchimista romantico».
L’ossessione. La stessa che aveva mosso Leonardo e Michelangelo, probabilmente in quell’identica Firenze (se pur trasfigurata nei secoli), a vivisezionare i corpi per amore della scienza e dell’arte che a volte può avere valori condivisi.
La breve epopea di questo scienziato di origini venete, (morì a Firenze a 44 anni ed è sepolto nella Basilica di Santa Croce, non lontano dalla tomba di Michelangelo e da quella di Galilei), ci racconta episodi misteriosi. Come la folgorazione giovanile dopo tre giorni e tre notti trascorsi imprigionato nella piramide egizia di Saqqara dove ricevette l’iniziazione all’arte della mummificazione. C’è chi narra che fu lui stesso a chiedere di rimanere segregato in quella tomba a gradoni e c’è chi, tra leggenda ed esoterismo, giura che qui apprese la vera magia e soprattutto la tecnica della «pietrificazione». Tornato in Italia, e scelta Firenze come città, dall’ultimo piano di quel palazzo-fortezza, che è Palazzo Spini Feroni, Girolamo cambia natura alla carne, ferma non la vita, ormai già cancellata, ma il suo disfacimento. Mentre dalle vetrate guarda l’Arno che mai si ferma in quell’eterno panta rei che lo affascina e lo tormenta. Diventa famoso, «il folle scienziato», tanto da guadagnarsi un sonetto firmato da Gioacchino Belli.
Metà Europa si contende il suo genio, tutti vogliono conoscere il suo segreto e i nemici crescono e le malelingue si fanno ancora più minacciose. Tanto da gettare discredito e oblio sul «disfacitore della natura», riabilitato, in parte, grazie all’intervento di papa Gregorio XVI solo poco prima della morte prematura, provocata da una polmonite. Prima di morire distrugge i suoi scritti e i suoi preparati, ancora oggi segreti. Sulla sua tomba si legge: «Qui giace disfatto Girolamo Segato da Belluno che vedrebbesi intero pietrificato se l’arte sua non periva con lui... Esempio di infelicità non insolito».