Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  maggio 06 Mercoledì calendario

L’Expo fuori dai cancelli tra ascensori che non funzionano, navette che non passano, autisti che si perdono tra svincoli e sottopassi e vigili urbani che chiedono informazioni. Ecco perché chi ha deciso la viabilità intorno alla fiera dovrebbe essere messo a vendere le bibite

Chi ha deciso la viabilità intorno a Expo2015 dovrebbe essere messo a vendere le bibite. Anche lì, probabilmente, combinerebbe disastri.
Ci sono due Expo: quella dentro i cancelli e quella fuori dai cancelli.
La prima è un piccolo miracolo. Novemila operai, tecnici e ingegneri sono riusciti in un’impresa quasi impossibile. Ovviare a scandali e ritardi, e aprire in tempo l’Esposizione universale, risparmiando all’Italia una figuraccia mondiale. Ovviamente, non hanno un invito per visitare ciò che hanno costruito. Ma questo è un altro discorso.
La seconda Expo, quella fuori dai cancelli, è un esempio di spettacolare disorganizzazione. Se un bambino di quattro anni, munito di altrettanti pennarelli colorati, avesse tracciato le vie d’accesso, i risultati sarebbero migliori.
Quello che state per leggere è il racconto di chi, dopo quattro giorni di viaggi facili in metrò e in treno, ha deciso di arrivare a Expo2015 in automobile, con una collega. Non l’avessimo mai fatto.
Partiamo da Milano, zona ovest. Tempo di viaggio, secondo il navigatore: 14 minuti. Troppo pochi: avremmo dovuto insospettirci.
Lasciamo la tangenziale ovest. I cartelli con la scritta Expo appaiono, scompaiono, riappaiono, si confondono. ExpoOvest, ExpoEst, Parcheggio Cargo 5, Cargo 2 e 3, P1 e P2, Triulza, Fiera Milano. A ogni rotatoria almeno un’auto con targa straniera ferma, le luci di emergenza accese, in attesa di capire dove andare. Dopo due uscite sbagliate e un’inversione, finiamo a Expo-Fiera Milano. Il trattino è ingannevole. Expo è una cosa, Fiera Milano un’altra. Spiegatelo a un coreano.
Decidiamo di lasciare l’auto appena possibile. Parcheggio multipiano PM2 Ovest. Ascensore fuori servizio, indicazioni pessime. Torme di visitatori disorientati vagano tra le scale antincendio, con borse e sorrisi forzati.
È prevista una navetta per Expo ogni 5 minuti; ma da mezz’ora non se ne vedono, annuncia la piccola folla in attesa. In gruppo, prendiamo un taxi. L’autista, imbarazzato, guida per un’ora, tra svincoli e sottopassi, senza trovare l’ingresso dove depositarci. Ci fermiamo più volte a chiedere informazioni: inutilmente. Sotto un viadotto due auto della polizia municipale. Si sono perse, chiedono informazioni a noi.
Improvvisamente un’apertura nella recinzione. Un cartello dice: DIVIETO DI ACCESSO. In queste condizioni, una garanzia: di sicuro si entra! Infatti ci lasciano entrare. Arriviamo all’ingresso Expo Triulza.
Dall’alto, una scena biblica: migliaia di persone in attesa. Sulla passerella bianca, altre scolaresche ammassate. Scale mobili e ascensori fuori servizio. Solo una piccola rampa in discesa, con un giovanissimo soldato di guardia, mimetica e fucile. La folla comincia a premere. Sale il grido rancoroso di un’insegnante: «Ragazzi, spingete! Lo dice la prof».
La grande folla, come un torrente, s’imbuca nella piccola scala. Nessuna guardia, nessun addetto in vista. Filippo Caldaroni di Frosinone non poteva scendere le scale in carrozzina: l’ha portato giù di peso un compagno di classe, Manuel Patrizi.
Siamo finalmente dentro, sul lato corto di Expo, il cardo. Sul fondo, svetta maestoso l’Albero della Vita. Potrebbero issare lassù chi ha studiato la viabilità intorno a Expo, e lasciarcelo.