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 2015  maggio 06 Mercoledì calendario

L’eterna battaglia sulle cavie. Il Senato approva quattro mozioni sul benessere animale e chiede di usare metodi alternativi. Insorgono gli scienziati: «Così fermate la ricerca». Umberto Veronesi parla di incoerenza mentre Adriana Maggi sostiene che purtroppo ancora non si può fare tutto in vitro

L’Italia deve impegnarsi di più per sostituire l’uso delle cavie nella sperimentazione scientifica con metodi alternativi. Il Senato ieri ha approvato quattro mozioni sul benessere animale promosse da Sel, Cinque Stelle e alcuni senatori Pd, fra cui la richiesta dell’istituzione di un garante per i diritti degli animali e il loro riconoscimento come “esseri senzienti”. Il voto era stato preceduto da una conferenza stampa degli scienziati che chiedevano di non veder bloccati i loro progetti di ricerca e da una lettera a Repubblica della scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo. “Si rischia un peggioramento della salute dei nostri figli e nipoti”, aveva scritto la Cattaneo, opponendosi all’equiparazione fra “sperimentazione animale e crudeltà”.
«Ciò che chiediamo è il sostegno ai metodi sperimentali sostitutivi» hanno dichiarato le associazioni Lav, Enpa e Lega nazionale per la difesa del cane. «I metodi alternativi non crescono sugli alberi: bisogna crederci, finanziarli, diffonderli» ha ribadito Michela Brambilla di Forza Italia. «Un milione di euro sono già stati stanziati l’anno scorso. Sarebbe ora di verificare i risultati prodotti e di dire basta al fondamentalismo animalista» le ha fatto eco Emilia Grazia De Biasi, senatrice Pd e presidente della Commissione Igiene e Sanità.
Trovare strade diverse dall’uso delle cavie è da una vita la missione di Maura Ferrari, direttrice del Centro di referenza per i metodi alternativi e il benessere degli animali da laboratorio all’Istituto zooprofilattico di Brescia. «Molti test di tossicità vengono condotti su cellule in vitro. Ma i risultati non sono del tutto equiparabili a quelli in vivo: solo otto test su dieci in linea di massima danno gli stessi esiti. Prima di somministrare un farmaco che può avere effetti tossici o cancerogeni è necessario sperimentarlo sugli animali. La legge parla chiaro». Altri metodi alternativi sono la simulazione su computer e – ultima frontiera – la coltura in provetta di organi in miniatura. «L’uso degli animali si è molto ridotto nel tempo» sottolinea Ferrari. «Ma non siamo assolutamente pronti ad abbandonarlo del tutto».
Gli attacchi degli animalisti agli scienziati nelle scorse settimane non si sono limitati alle parole. Adriana Maggi, farmacologa dell’università di Milano, è stata assalita dieci giorni fa durante un incontro con gli studenti delle superiori. Roberto Caminiti, neuroscienziato della Sapienza di Roma, a febbraio è stato denunciato per maltrattamenti agli animali. «La ricerca scientifica non rientra in questa fattispecie, ma non so come finirà l’indagine. E gruppi animalisti hanno manifestato varie volte sotto al mio dipartimento» racconta. Alle minacce è abituato anche Giuliano Grignaschi, responsabile degli animali da sperimentazione all’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. «In Italia c’è una situazione di stallo e di incertezza» ha spiegato ieri. «I nostri ricercatori non possono ottenere fondi europei per i progetti pluriennali perché non sanno se riusciranno a portare a termine gli esperimenti». L’Italia ha infatti recepito la direttiva europea sulla sperimentazione animale del 2013, l’ha però integrata con norme più restrittive, salvo poi sottoporle a moratoria fino al termine del 2017. Quel che succederà dopo è un punto interrogativo che le mozioni di ieri non hanno contribuito a chiarire.
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Intervista a Umberto Veronesi
Veronesi, medico e scienziato, rispetta gli animali al punto di escluderli dalla sua alimentazione. Ma della posizione contraria all’uso delle cavie non comprende l’incoerenza.
Che diritto ha l’uomo di sperimentare sugli animali farmaci per il proprio benessere?

«È un diritto che nasce dalla visione antropocentrica, che è dominante nelle culture antiche ed è stata rafforzata dalle religioni rivelate: l’uomo è al centro della creazione. Oggi questo principio sta per essere superato dal concetto di sostenibilità: l’uomo deve utilizzare le risorse disponibili sul pianeta per la sua sopravvivenza, in modo da non alterare gli equilibri fra gli ecosistemi, che comprendono piante e animali. La mia filosofia è vicina al buddismo, che promuove il diritto alla vita di tutti gli esseri viventi. Tuttavia mi rendo conto del fatto che, se una ricerca scientifica ha la potenzialità di salvare milioni di vite da grossi flagelli, può essere considerato lecito sperimentare sugli animali. Resta poi il lato giuridico. Oggi la legge obbliga chi produce farmaci a sperimentare le nuove molecole su modelli animali, prima di darle all’uomo».
Chi è contrario alla sperimentazione animale, quali altri comportamenti dovrebbe adottare per essere coerente?
«Il punto critico dei movimenti che si oppongono alla sperimentazione animale è l’incoerenza. Io capisco che venga colpita la loro sensibilità, perché nel mondo sono milioni gli animali su cui si fa ricerca. Ma non posso capire come la stessa sensibilità sparisca di fronte ai 4 miliardi di animali di allevamento massacrati ogni anno. L’assurdità doppia è che mangiare carne non fa bene, mentre i risultati di uno studio su un animale possono salvare la vita».
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Intervista ad Adriana Maggi–
«Mi hanno gridato “assassina”, “assassina”, ma il pubblico li ha costretti ad andare via. Di questo sono contenta».
Adriana Maggi dirige il centro di biotecnologie farmacologiche all’università di Milano. Il 23 aprile scorso stava presentando il suo corso di laurea alla Pinacoteca di Brera.
È stato il primo attacco contro di lei?
«In trent’anni ho ricevuto molte lettere di insulti. Mi scrivevano che avrebbero voluto fare ai miei figli quel che io facevo agli animali. Ma è la prima volta che sono stata assalita. Alle mail rispondo, nonostante la Digos mi abbia sconsigliato. Ma questa volta non sono riuscita a dialogare».
Chi erano?
«Un gruppo di 15-20 persone, ragazze con striscioni contro le biotecnologie che stanno rovinando il mondo e le nostre vite».
Perché la prendono di mira?
«Il mio lavoro viene frainteso. Io sono una biologa e il primo impatto con la farmacologia è stato uno shock. La ricerca di metodi alternativi è il mio obiettivo, oggi faccio ricerca sui topi geneticamente modificati addormentandoli e sottoponendoli a un esame indolore che è come la Pet».
Lei crede ai metodi alternativi?
«Costano poco, richiedono poco personale. Per gli scienziati, come per gli animalisti sono da preferire. Il loro uso è cresciuto regolarmente. Ma non abbiamo sistemi abbastanza efficaci per sperimentare tutto in vitro».
L’impegno del Senato la trova favorevole?
«Mi sembra una presa in giro che ha motivi politici. Questi finanziamenti andavano erogati negli anni ’90. Ora è tardi, siamo noi scienziati per primi a cercare strade diverse rispetto alla sperimentazione animale e questa scelta non fa che ridurre i fondi per la ricerca».