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 2015  maggio 06 Mercoledì calendario

Il casino dell’Unità. Dopo il fallimento della società le cause ricadono sugli ex direttori e sui cronisti. Così Concita De Gregorio ha dovuto tirare fuori già 150mila euro «e lo faccio anche per conto dei giornalisti che hanno firmato gli articoli, perché o sono disoccupati o sono collaboratori dalla Sicilia o dalla Calabria, e io mi sento responsabile verso di loro. Mi aspettavo che intervenissero Renato Soru e il Pd. Ma Soru è sparito mentre il Pd renziano sostiene che il partito non c’entra»

Un editore che sparisce, inghiottito dalla liquidazione della società. Un partito che disconosce quello che una volta era il suo giornale, e ancora oggi la bandiera delle sue feste. E così gli ex direttori dell’Unità – Concita De Gregorio, Claudio Sardo e Luca Landò – si trovano da un giorno all’altro a dover risarcire di tasca loro i potenti che hanno fatto causa al quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Otto mesi fa alla porta di De Gregorio ha bussato l’ufficiale giudiziario, notificandole 40 pignoramenti: la casa, i redditi, i suoi beni, tutto pignorato per pagare i risarcimenti danni chiesti – e ottenuti in primo grado – dai potenti che hanno fatto causa a L’Unità quando lei ha diretto il giornale, dal 2008 al 2011. Deve pagare una montagna di soldi, e deve pagarli tutti lei, perché l’editore non c’è più. «Finora – racconta lei – ho già pagato 150 mila euro di risarcimenti per le condanne subite, altrimenti per me e per gli autori degli articoli i pignoramenti sarebbero diventati esecutivi. Mi aspettavo che intervenissero Renato Soru, l’editore che mi assunse, e il Pd, che di fatto controllava il quotidiano. Ma Soru è sparito, anche se adesso fa l’europarlamentare del Pd, mentre il Pd renziano sostiene che il partito non c’entra».
È una storia sconcertante, quella degli ex direttori dell’Unità (e anche dei loro giornalisti: a una di loro, Natalia Lombardo, è stata pignorata la casa perché doveva pagare 18 mila euro), una storia che ieri è stata raccontata dal presidente della Federazione nazionale della stampa, Santo Della Volpe, in una conferenza stampa a Montecitorio, perché è la politica che porta gran parte della responsabilità di questo pasticcio e perché è la politica che ha il dovere di porvi rimedio.
Ma come può succedere che un direttore, anzi un ex direttore che ha lasciato il giornale da quattro anni, si ritrovi improvvisamente sommerso dai pignoramenti? È semplice, per chi conosce la legge sulla stampa: quando qualcuno cita in giudizio un giornale, vanno a processo l’autore dell’articolo, l’editore e il direttore responsabile. Se il giornale viene condannato, tutti e tre ne rispondono “in solido”: le quote del risarcimento le stabilisce il giudice, ma se qualcuno non paga ne rispondono gli altri due. Nel caso dell’Unità, da un anno l’editore non paga più, e i giornalisti ormai sono disoccupati. Così tutte le tegole cadono sulle teste degli ex direttori. Sardo ha una dozzina di cause pendenti, Landò ne ha altre sette. De Gregorio ne ha quaranta. «E la cosa più incredibile – racconta – è che io lo scopro solo l’estate scorsa, dopo che la società editrice, la Nie, è andata in concordato amministrativo per evitare il fallimento. Nessuno mi aveva avvisato che c’erano questi processi, gestiti fino all’ultimo dallo studio Macciotta di Cagliari. Non so cosa abbiano fatto questi avvocati, so che se io e gli autori degli articoli fossimo stati in grado di produrre le carte avremmo vinto sicuramente. Ma non è finita. Ho presentato appello contro le 40 condanne di cui non sapevo nulla fino a dieci mesi fa, e lo faccio anche per conto dei giornalisti che hanno firmato gli articoli, perché o sono disoccupati o sono collaboratori dalla Sicilia o dalla Calabria, e io mi sento responsabile verso di loro. A cinquemila euro ad appello sono un sacco di soldi. E intanto mi pignorano i redditi».
A chiedere i danni sono un bel gruppetto di potenti, da Berlusconi ai generali dei servizi segreti, personaggi ai quali non sono piaciute le inchieste e gli articoli che li riguardavano. A risponderne, sono 26 giornalisti. E Concita De Gregorio. Che a quel punto va dal sottosegretario Lotti, che ha la delega per l’editoria, e dal nuovo amministratore del Pd, Bonifazi, raccontando tutto e chiedendo di fare subito qualcosa: io mi assumo le mie responsabilità, dice, ma l’editore si deve assumere le sue. «Noi non possiamo fare niente, mi hanno risposto. Risultato: se non vogliamo che ci pignorino la casa, dobbiamo continuare a pagare noi i risarcimenti che spettano a un editore che è sparito. Pazzesco. Pazzesco che sia successo, pazzesco che possa succedere ancora in qualunque altro giornale».
Il conto che gli ex giornalisti dell’Unità rischiano di pagare, 530 mila euro, l’ha fatto la Federazione della Stampa, chiedendo alla politica di intervenire subito. Intanto con la costituzione di un “fondo per la tutela della libera stampa” che paghi le spese legali non più evitabili, con i contributi fondamentali del nuovo editore dell’Unità, Guido Veneziani (che ha promesso un accantonamento per pagare gli indennizzi del passato) e del Partito democratico, che finora si è chiamato fuori. E poi come ha detto la presidente della Camera Laura Boldrini, «individuando idonei strumenti legislativi», ovvero una norma che obblighi le società editoriali in liquidazione a tutelare in sede giudiziale i giornalisti e a pagare i risarcimenti. Senza farli ricadere mai più sui direttori, o sugli ex direttori.