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 2015  aprile 28 Martedì calendario

Se Minneapolis diventa la capitale degli jihadisti. L’Fbi lancia l’allarme

Minneapolis, Siria. In genere erano le città americane che prendevano in prestito il nome da quelle straniere a cui si ispiravano, da Paris in Texas, a Rome in Georgia, ma per l’Fbi il Minnesota sta diventando il cuore del reclutamento dell’Isis negli Stati Uniti. Con il rischio che i militanti colpiscano qui.
Sabato la Cnn ha lanciato l’allarme per un possibile attacco modello Charlie Hebdo in California, su cui indaga l’Fbi, mentre ieri Usa Today ha aperto il giornale con la corsa per fermare l’Isis negli Usa. Negli ultimi mesi, però il lavoro più interessante sulla penetrazione di questo gruppo terroristico in America lo ha fatto Dina Temple-Raston della radio pubblica Npr, partendo proprio dalla comunità somala di Minneapolis. L’abbiamo incontrata, e ci ha raccontato uno spaccato di questa minaccia su cui dovrebbe riflettere qualunque Paese occidentale.
I servizi segreti Usa stimano che almeno 150 cittadini americani hanno cercato di unirsi all’Isis, e una quarantina di loro sono andati in Siria e tornati. Mine vaganti, che potrebbero esplodere in ogni momento, portando la guerra in casa grazie ai loro passaporti. Circa un terzo del totale viene dal Minnesota, Stato al confine col Canada. Qui negli anni scorsi si era insediata una vasta comunità somala, fuggita alla guerra. «I genitori – spiega Dina – si sono integrati. Magari non parlano inglese, però hanno abbracciato la società che li ha accolti, dando loro un futuro. I figli, invece, stanno tornando alle radici. Sono nati negli Usa, hanno il passaporto americano e parlano l’inglese meglio del somalo, ma si sentono emarginati. Proprio per il fatto di essere nati qui, avvertono più dei genitori la sensazione di essere esclusi. Fino a qualche tempo fa seguivano al Shabaab e tornavano in Somalia a combattere, come Burhan Hassan, che aveva 17 anni ed era morto laggiù. Oggi però ascoltano l’Isis, per la sua abilità di usare Internet e i social media, e di parlare il loro stesso slang americano, attraverso altri membri reclutati negli Usa».
Secondo Dina un elemento che funziona molto, «è il richiamo sessuale. È indubbio che nel mondo islamico c’è molta repressione, e i ragazzi cresciuti in America dentro a famiglie musulmane faticano a trovare compagne. L’Isis promette loro una moglie, e la possibilità di fare tutto il sesso che vogliono senza commettere peccato. Ma vale anche per le ragazze. È diventato famoso il caso di un membro del gruppo terroristico che aveva soprattutto seguaci femminili. Si presentava bene, era affascinante, lo avevano soprannominato “Jihadi Hottie”. Non sappiamo neanche se fosse davvero in Siria: magari era un settantenne che scriveva da un garage di Minneapolis, ma reclutava a man bassa». Una settimana fa sei militanti sono stati arrestati in Minnesota, mentre cercavano di volare in Siria, attirati da un reclutatore americano di nome Abdi Nur. Ora però gli investigatori temono che smettano di partire, e comincino a colpire in America.