Corriere della Sera, 28 aprile 2015
Il selezionatore di cervelli. Riccardo Dalla Favera, direttore dell’Istituto di genetica dei tumori alla Columbia University, che ha reclutato alcuni tra i migliori professionisti di varie discipline, per combattere le malattie del sangue, fa il punto sulla ricerca italiana e sulla medicina personalizzata
«È come l’allenatore della nazionale che seleziona i giocatori da convocare ai Mondiali», semplifica con un paragone molto popolare Riccardo Dalla Favera, direttore dell’Istituto di genetica dei tumori alla Columbia University, New York. In questo caso il Mister è lui. I suoi calciatori sono medici intenzionati a fare gol alle malattie del sangue. Nella squadra della nuova ematologia dello Ieo sono stati arruolati alcuni tra i migliori professionisti di varie discipline. Dalla Favera è consulente strategico e collaboratore scientifico del progetto.
Qual è la novità?
«Nel mondo anglosassone questo tipo di assemblaggio è frequente, non da noi perché di solito i team nascono dall’interno. Le assicuro, non è facile convincere tanti cervelli a lasciare quello che hanno e a trasferirsi in un’altra istituzione per un lavoro di gruppo. Il centro Ieo farà da battistrada».
Torna anche lei a Milano, dove è nato e da dove è partito dopo l’università?
«Ho sempre mantenuto un rapporto scientifico con l’Istituto europeo. L’ematologia è uno dei punti di forza dell’Italia, siamo tra i primi cinque Paesi al mondo, un altro motivo per non staccarsene».
Il tema della medicina personalizzata è ricorrente. L’oncologia in generale mira a questo obiettivo. Ci spieghi che cos’è.
«In Usa si adopera un termine forse più chiaro, medicina di precisione, la precision medicine. Da quando il genoma è stato decifrato, siamo capaci di individuare le alterazioni geniche alla base delle malattie e di studiare farmaci molecolari che colpiscono solo le cellule cancerose e lasciano intatte le altre. Per fare qualche esempio, è successo con la leucemia promielocitica acuta, curata con acido retinoico, e con la leucemia mieloide cronica sconfitta dall’Imatinib arrivato negli Anni 90. Sono una ventina le molecole in corso di sperimentazione contro i linfomi, la patologia più frequente. In ematologia questo processo è una realtà. Si arriverà a non aver più bisogno della chemioterapia e questo vale anche per i tumori solidi».
Personalizzata nel senso che ogni paziente ha la sua cura individuale?
«Questo è il traguardo, ora siamo in grado di individuare sottogruppi di malati che hanno in comune certe caratteristiche geniche e di diversificare l’approccio terapeutico. Poi il passo successivo, a ciascuno la sua cura».
Come funziona il modello Ieo in oncoematologia?
«La medicina personalizzata richiede tre componenti. Ricerca, diagnostica avanzata e esperienza in studi clinici. Il laboratorio e l’applicazione clinica sono un tutt’uno».
Gli italiani hanno poca fiducia nella sanità di casa, sono poco patriottici. Quando c’è una diagnosi di leucemia subito si pensa di andare a curarsi all’estero. È giustificato?
«Anche in Italia si può essere curati ottimamente, il problema è che non tutti i centri sono allo stesso livello».
Come si può capire qual è l’ospedale che garantisce il meglio?
«Chiedere, ascoltare le testimonianze di chi ci è passato. Navigando sul web non si capisce la verità».