Libero, 28 aprile 2015
Lavoro, tutti lo voglio ma nessuno lo cerca. Con 13,65 per cento, l’Italia si aggiudica il record di cittadini «potenzialmente disponibili» ma «inattivi»
Tra il dire e il fare... L’impietosa analisi statistica Eurostat ci regala il record europeo. Secondo l’analisi dell’ufficio europeo di statistica, infatti, l’Italia lo scorso anno aveva oltre 3,3 milioni di cittadini (tra i 15 e i 74 anni) “potenzialmente disponibili” a lavorare ma che «non cercano un posto». Già quel “potenzialmente disponibile” fa venire la pelle d’oca. Se poi si aggiungiamo – come fanno gli esperti europei – quei 102mila che a parole “cercano un lavoro” ma non sono “subito disponibili”, si arriva alla bellezza di 3,457 milioni di persone, pari al 13,6% di tutta la popolazione (stessa fascia d’età).
Il record è dato dal fatto che con un 13,6% italiano mettiamo a segno proprio il primato europeo (negativo). Abbiamo infatti la ben poco invidiabile pole position di tutta l’Unione europea, dove la media è più o meno intorno al 4,8% (complessivamente 12 milioni di persone). Battiamo di diversi punti Paesi come Croazia (9,6%), Bulgaria (7,6%) e Finlandia (7,4%). Andando a scorrere i dati per genere (maschi/femmine) in tutti i Paesi europei proprio le donne rappresentano la maggior parte (il 57%) di questi “lavoratori potenziali”, ma da noi la percentuale è imponente (il 60%).
Colpa forse proprio della difficoltà che le donne trovano ad inserirsi nel mondo del lavoro, ma anche della complicata alchimia per conciliare attività lavorativa e vita familiare. Il paradosso è che tra i lavoratori part-time (per scelta o necessità di conservare il posto), su un totale di 44,1 milioni di occupati europei, ben il 22% (9,8 milioni) prestano servizio a tempo parziale anche se preferirebbero “lavorare di più”. E forse guadagnare qualcosina in più. Tra questi ben il 67% sono donne. Il record di persone che svolgono attività ridotta questa volta è di Grecia (72,1%), Cipro (65,9%) e Spagna (57,3%). L’Italia ha invece solo il 18,3% di lavoratori part-time (il 61% donne). Insomma, da noi le donne scelgono di ridurre l’orario forse perché non c’è alcuna assistenza nella gestione dei figli.