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 2015  aprile 24 Venerdì calendario

La seconda vita della “maga Circe”, Maria Luisa Redoldi, tornata libera dopo 25 anni di carcere: «Non sono una strega, l’unico maleficio l’ho fatto a me stessa». Biondo platino oggi come ieri, nega ancora di aver fatto uccidere il marito assieme all’amante

«La maga Circe irretiva gli uomini, io questo non l’ho mai fatto». Maria Luigia Redoli è la prova vivente di come l’oleografia criminale è inscindibile dal soggetto anche dopo la completa espiazione della pena. A 76 anni, gli ultimi 24 in carcere, la Circe della Versilia sembra identica ad allora: capelli biondo platino, trucco, occhiali scuri. «Sempre tenuto al mio aspetto. Ma della magia e dell’occulto non mi importa niente» dice a Repubblica nella sua prima intervista. Se guardi le foto dell’arresto a Forte dei Marmi – era l’89, assolta in primo grado, poi condannata all’ergastolo insieme al giovane amante carabiniere Carlo Cappelletti per l’omicidio del marito Luciano Iacopi – pensi che un quarto di secolo dietro le sbarre l’abbiano sfibrata solo dentro. Magari non è così ma certo del ricordo di quella notte – era il 17 luglio 1989, diciassette come i fendenti che lasciarono in un lago di sangue nel garage di casa al “Forte” il facoltoso agente immobiliare, e fu la stessa moglie a dare l’allarme quando rientrò coi figli Tamara e Diego, all’epoca di 18 e 14 anni – di quel ricordo, dice, «non riesco ancora a parlare». Scarcerata il 1° aprile Redoli adesso vive in libertà vigilata (per 5 anni) con il secondo marito Alberto Andena in un piccolo paese in provincia di Pavia. Il suo avvocato, Alessandro Maneffa, chiede di omettere, per la privacy, il nome e la descrizione del luogo.
Libera dopo 24 anni di carcere. Come sta?
«Solo ora comincio a rendermi conto della mia nuova condizione. A rilassarmi, ma anche a fare i conti con la vita di tutti i giorni. Appena entrata in casa la prima cosa che ho trovato è stata una cartella esattoriale per tributi arretrati sulla pensione sociale».
«Contenta ma anche molto tesa all’idea di lasciare il carcere», ha detto il suo legale. Perché?
«Ho passato 20 anni in carcere, con le limitazioni, gli orari rigidi, gli obblighi. E poi 7 anni in semilibertà, tra la cella e la cooperativa dove ancora svolgo il volontariato. Ora devo vivere in un piccolo comune senza potermi allontanare. Penso anche ai tre anni di continui rinvii della mia richiesta di liberazione condizionale: ho pensato che mi volessero far morire in carcere».
La giustizia ha stabilito che lei (mandante) e Cappelletti (esecutore) avete firmato l’omicidio di suo marito per goderne l’eredità, 7 miliardi di vecchie lire. Perché si è sempre detta innocente?
«Io sono stata abituata, fin da piccola, a lottare per avere ciò che volevo, a non arrendermi mai e a dire sempre la verità. Non ho mai mandato a dire le cose, se le devo dire le dico in faccia. Forse, se avessi recitato una parte, non avrei patito tutte queste pene».
Attraverso i suoi legali disse: «Spero che un giorno il vero colpevole, magari in punto di morte, confessi». Chi sarebbe, scusi, il «vero» colpevole?
«Dopo tanto tempo e tanta sofferenza, non solo mia, non credo abbia ancora senso pensare a chi e al perché. Io ho pagato tutto senza mai lamentarmi. Ormai è troppo tardi, o forse è troppo presto. Bisogna avere tanta forza dentro per ripensare a certe cose e io ora non ce l’ho».
I suoi figli hanno deciso da anni di non avere più rapporti con lei. Che cosa pensa della loro scelta?
«Sono due persone adulte. Sanno quello che è meglio per loro. Mi aveva molto amareggiato sapere a suo tempo che avevano espresso contrarietà ad una mia ipotesi di grazia. Ma per me rimarranno sempre i miei figli».
Sua figlia Tamara fu arrestata il 4 agosto e subito rilasciata dopo le intercettazioni telefoniche che inchiodavano lei e Cappelletti. Nel libro “Nel buio una notte di luglio” di Mario Spezi si sostiene che lei l’avrebbe accusata per la telefonata al cartomante viareggino Marco Portigati, pagato inutilmente per ingaggiare gli assassini di suo marito. E dunque, implicitamente, che l’avrebbe accusata dell’omicidio. È vero?
«Non ho la forza di parlarne, ripeto. Forse un giorno ci ripenserò ma non ora. In 24 anni chi ha scritto su di me forse non sempre l’ha fatto in buona fede. Ma ognuno fa il proprio mestiere».
«Circe» per via del suo amore per la magia e per l’occulto. È così?
«Ma secondo lei? Come ho detto io dico sempre la verità, a costo di farmi del male da sola. La maga Circe irretiva gli uomini per secondi fini. Io questo non l’ho mai fatto».
Chi è oggi Maria Luigia Redoli?
«Una donna che ha una seconda piccola vita. Ho conosciuto in carcere persone di grande umanità che mi hanno aiutato. E altri che hanno cercato invece di rendermi peggiore la pena. Ma questi ultimi non voglio nemmeno ricordarli».
Ha assistito disabili psichici in un centro di Cesano Boscone. A che cosa le è servita questa esperienza?
«Quando vengo alla Cooperativa mi sento come in famiglia. Per sette anni è stato, insieme a mio marito, il mio unico contatto con il mondo esterno e adesso non intendo abbandonare questo posto, anche se è un impegno pesante».
Quando tra 5 anni sarà completamente libera tornerà a Forte dei Marmi?
«Io e mio marito Alberto viviamo con la pensione. Non credo ci potremo permettere Forte dei Marmi. Comunque non credo ci tornerò, non ho bei ricordi. Adesso voglio solo un po’ di pace».
È andata a pregare sulla tomba di suo marito.
«Il nostro rapporto, nonostante quello che pensa la gente, era un rapporto onesto. I miei pensieri li tengo per me».