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 2015  aprile 24 Venerdì calendario

Carmen Consoli si racconta: la morte del padre, la nascita del figlio e la lontananza dalle scene. «Il vecchio ideale dell’ostrica di Verga funziona anche per me: più mi allontano dallo scoglio e più perdo vita. Per quanto abbia visto città meravigliose, alla fine torno sempre alle origini e ai luoghi in cui sono stata felice»

Prendi un concerto all’aperto, la gente accalcata, i rumori delle casse in prova, il caldo che si attacca alla pelle, un cane dispettoso che abbaia e un fonico sudafricano che si impossessa del microfono e in un italiano stentato dice: «Silenzio, c’è la cantantessa». Erano gli Anni 90 e da allora lei, Carmen Consoli, non ha più rinunciato a quel nomignolo a cui è molto legata. «Era il periodo in cui dalle donne cantanti ci si aspettava il bel canto, le corde vocali lasciate sul palco. La cantantessa mi allontanava da quei virtuosismi di moda e mi toglieva quella responsabilità di dover cantar bene a tutti i costi». La sua voce era tutto quello che le case discografiche non chiedevano: «fumosa e bassa, decisamente divertita o graffiante di rabbia» ha scritto di lei il New York Times in un pezzo che Carmen ha incorniciato e ha appeso al muro della sua casa di Catania, dove vive con il piccolo Carlo Giuseppe, 21 mesi.
Sono passati quasi vent’anni dall’esordio di «Amore di plastica» e dopo un po’ di silenzio la musica di Carmen Carla Consoli («Mia madre voleva chiamarmi come la nonna, Carmela, ma non ebbe il coraggio») continua a impastarsi alle storie d’Italia, quelle degli sbarchi di clandestini e difficili amori gay, fiabe e ritorno alle origini. «Ho passato una vita a desiderare di partire e andarmene ma sono sempre tornata». L’ultima fuga è stata quella più lunga, sei anni in cui «Carmen Carla» si è riappropriata di una vita «straordinariamente normale». Con la «piccola magia» della prima gravidanza, la fila al supermercato e la saggezza popolare siciliana de «la panza iè a punta, masculo è». Anni in cui non è mancato nulla, comprese le implicazioni dolorose della vita come la morte del padre, il maestro Consoli, musicista che faceva l’agronomo a cui Carmen lasciava ascoltare ogni singolo brano prima dell’incisione.
Senza musica
«In tutto questo tempo ho lasciato spazio alla donna e non all’artista. Mio padre diceva sempre: diffida di chi parla di se stesso per più di tre minuti. Gli ho dato retta e ho esercitato la mia attenzione sugli altri, ho passeggiato per le strade di Catania dove continua a commuovermi la generosità della gente che si nutre della ricchezza dell’incontro con l’altro. Questa società non virtuale che rimane ancora attiva nella piazzetta del paese». E nei vicoli in cui la Consoli è cresciuta e ha vissuto anche questi anni di assenza dalle scene. «Devo ammettere che il vecchio ideale dell’ostrica di Verga funziona anche per me: più mi allontano dallo scoglio e più perdo vita. Per quanto abbia visto città meravigliose, alla fine torno sempre alle origini e ai luoghi in cui sono stata felice, non mi piace tornare dove ho vissuto esperienze brutte. Non sono più tornata nella casa dove sono cresciuta ad esempio, lì ho perso mio padre e non metto piede neanche nell’aria che circonda quella casa a San Giovanni La Punta. Coltivo il sogno di superare questa paura, magari con mio figlio». E mostra sull’iPhone le foto del piccolo Carlo, con quella fierezza delle mamme per cui una «fimmina mediamente monotasking» cede alla tentazione dell’ultimo modello di smartphone. «Usavo la macchina fotografica ma con l’iPhone i video vengono meglio. Mia madre è ipertecnologica, ha il profilo su Facebook, io non sono molto social ma lo dico senza snobismi. Per me è importante la poesia delle cose, godermi il tempo fisiologico della trasmissione dei sentimenti. Mio figlio invece ha 21 mesi e va su safari per vedere Chuchutv».
La maternità
La gravidanza è stata una sorpresa della vita. «Ho provato un amore che non pensavo fosse possibile provare, ho partorito con il cesareo e quando è nato mi sono sentita un buddha, come se potessi fare miracoli». E ora il rito scaramantico prima del concerto è diventato un’operazione necessaria: «Mi tiro il latte: 170 cc». E smanetta con il cellulare per trovare la foto del biberon in camerino insieme alle immagini di Carlo, biondo e occhi profondi come quelli della mamma, unici dettagli di una vita privata tenuta ostinatamente lontana dai clamori del palcoscenico. Dove canta di storie maledette, di migranti per cui uno «stato assai spiacente posa una ghirlanda tricolore con su scritto assente» o di una signora del quinto piano con «il suo ex davanti al portone con un martello in mano». «La nostra Italia aspetta ancora la primavera. Peppino Impastato diceva che se si insegnasse alla gente la bellezza, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. Dobbiamo smetterla di pensare l’oggi per oggi, non è il Pil o lo spread la nostra finalità ultima, mio padre diceva: io ho 70 anni, che faccio non lo pianto un ulivo che dà il frutto dopo vent’anni? Li ha piantati lo stesso e noi oggi facciamo l’olio anche se lui non c’è più».
E il pensiero torna di nuovo a Giuseppe Consoli «esageratamente femminista, che votava sempre le donne mentre molte donne della famiglia votavano ‘lu masculo’ perché ci dava sicurezza. E c’è un aforisma che mi piace molto – ci tiene a sottolineare la cantantessa – c’è un posto all’inferno per le donne che ostacolano le donne e ’sto posto è ormai in overbooking».
Una famiglia moderna
Sulla famiglia e i figli, “chimici” e non, la Consoli non ha dubbi. «Dolce e Gabbana sono troppo intelligenti e moderni per dire quello che hanno detto: la chimica è anche il progesterone delle mamme, il latte artificiale o la cotoletta di soia. Anche tra gli esseri umani c’è chimica». Indispensabile linfa per la sua crescita artistica. «La mia famiglia mi ha dato molta libertà, a casa eravamo pieni di libri di giurisprudenza del seicento: ha cominciato mio padre a deludere le aspettative diventando agronomo, poi io. Ma sono andata avanti con la musica e non ho dovuto partecipare a nessun festino, ho usato altre armi che noi donne abbiamo e che non sono solo necessariamente l’intelligenza ma anche l’impegno, la voglia di arrivare. Come mi ha insegnato mia madre, che è una donna iper moderna, bellissima, più giovane di me. A causa della chimica ovviamente» dice ironica. E aggiunge: «È andata al concerto dei Coldplay, è tornata e mi ha detto che sono una vecchia ciabattaia».