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 2015  aprile 21 Martedì calendario

Un milione di migranti pronti a partire. I profughi preferiscono morire piuttosto che tornare in patria. La tragedia di sabato non ferma nessuno ma scuote l’Ue che inizia a muoversi e convoca per giovedì un consiglio straordinario. Gli Usa sono disponibili ad accogliere 2mila siriani, ma la Libia per Obama non può essere una priorità: «L’America si aspetta che gli Stati della regione facciano di più»

«Dai dati in nostro possesso sulle coste libiche ci sarebbero circa un milione di migranti pronti a partire» (Maurizio Scalia, procuratore aggiunto di Palermo).
 
«Con l’arrivo del bel tempo, in questo momento si calcola che siano fra i 300 e i 700 i migranti che lasciano la Libia ogni giorno» (un ufficiale di intelligence della coalizione di milizie che controlla Misurata).
 
La morte di 700 o 900 persone non ha fermato nessuno: solo ieri altri 638 migranti  a bordo di 6 gommoni in difficoltà, a circa 35-40 miglia a nord della Libia, sono stati soccorsi dalla Guardia Costiera e dalla Marina militare. Sempre ieri altri 200 sono naufragati in Grecia,  a poche bracciate dalla costa di Rodi a Rodi. Di loro 80 i sopravvissuti.
 
I 28 sopravvissuti alla tragedia di sabato raccontano che fossero fra i 700 e i 1.000 e che fra loro ci fossero almeno 200 donne e una cinquantina di bambini. Sono finiti tutti assieme in fondo al mare, a 400-450 metri di profondità mentre in pochi, pochissimi, salivano sul mercantile della salvezza. Fra i 28 salvi c’è anche lo scafista, un tunisino individuato durante la traversata da Malta a Catania e d arrestato proprio grazie alle testimonianze dei migranti, interrogati dalla polizia nel lungo viaggio sulla nave Gregoretti della Guardia costiera, sbarcata nella notte a Catania. Con lui arrestato anche il suo assistente, un siriano [Giusi Fasano, Cds 21/4/2015].
 
Fin’ora sono state recuperate 24 salme. Tonacci inviato a Malta per il Corriere della Sera è andato all’obitorio dell’ospedale Mater Dei: «Ci sono morti più fortunati di altri, in questa storia. Fortunati, sì. Perché almeno hanno ancora una speranza di essere qualcuno, dopo che il Mediterraneo li ha uccisi e ha cancellato la loro identità. Qualcuno con un nome e un cognome, una famiglia da qualche parte nel mondo, una faccia su una tomba. E quella speranza ce l’hanno legata al polso. “Corpo numero 113”, c’è scritto sul braccialetto bianco di questa salma. Lo stesso numero è sull’etichetta adesiva incollata al sacco in cui è avvolto il cadavere. Quel numero è tutto quello che gli resta. Sarà associato a una fialetta di sangue, che verrà prelevata nelle prossime ore per fare i confronti del dna con i familiari che avranno la forza di venire fino qui a cercare i fratelli e i figli che non hanno più. Non deve ripetersi un’altra Lampedusa, la strage degli sconosciuti rimasti tali (…)  ogni cadavere va numerato, descritto, schedato. «Corpo numero 114: maschio, adulto, età compresa probabilmente tra 22 e 28 anni. Tatuaggi: nessuno. Documenti: una foto nella tasca dei pantaloni».
 
«Preferisco morire che tornare in patria. Per me ritornare in Somalia, con la sua insicurezza e la sua povertà, non è concepibile. Proverò di nuovo a partire per l’Europa». Così Mohammed Abdi, somalo, che ha tentato la traversata e rischiato la morte quando il suo barcone si è rovesciato» (a Frédéric per le Monde) [Rep 21/4/2015].
 
Trentaquattro miliardi di dollari l’anno è la cifra indicata dall’Huffington Post sulla stima del fatturato del traffico di uomini nel mondo [Grn 21/4/2015].
 
La prima parte del viaggio via terra, per arrivare dai diversi Paesi dell’Africa fino in Libia, è la più costosa: da 4.000 a 5.000 dollari. Dai porti che si affacciano sul Mediterraneo, per avventurarsi nella traversata ci vogliono tra i 1.000 e 1.500 dollari. Chi riesce a sbarcare in Sicilia, se vuole andare a Roma o a Milano deve sborsare ancora tra i 200 e i 400 euro, a seconda del mezzo di trasporto: macchina, pullman o treno. Infine, per l’ultima tratta verso la meta agognata – i Paesi del Nord Europa (le mete più gettonate da raggiungere sono la Norvegia e la Svezia)— bisogna pagare cifre che variano dai 500 ai 1.500 euro; dipende dalla destinazione, Germania o Svizzera costano un po’ meno, Svezia o Norvegia sono più care. Il pacchetto completo è offerto a un’unica condizione: pagamento anticipato di ogni tratta, in contanti o attraverso intermediari di fiducia nei due continenti [Cds 21/4/2015]
 
Ruolo di spicco in Sicilia era rivestito dall’eritreo Asghedom Ghermay, detto Amice, entrato nel 2013 nel Cara di Mineo. Ha ottenuto l’asilo politico, poi il permesso di soggiorno. Era lui il maggior faccendiere dell’organizzazione criminale in Italia. Si occupava della «fuga» degli immigrati dai centri di accoglienza (tra cui quello di Agrigento) che lui stesso andava a prendere in auto. I migranti venivano, quindi, ospitati in case in dotazione alla consorteria criminale in attesa del momento opportuno per effettuare il viaggio verso la meta definitiva.
 
Glauco II, l’inchiesta della procura di Palermo che ha visto gli arresti di 24 persone tra scafisti e trafficanti di terra. Facenti base a Milano, Roma, Bari e Catania, al Cara di Mineo e nel centro di accoglienza di Siculiana, nell’Agrigentino.
 
Il Giornale pubblica le intercettazioni degli scafisti nell’inchiesta Glauco II. Uno dei capi dell’organizzazione, l’eritreo Redae Medhane Yehdego, racconta che in Eritrea si sta comprando una casa da 13 milioni di dollari. Sempre lui si informa su come gestire i soldi guadagnati e se è possibile metterli in una banca di Dubai. Del resto gli affari vanno bene, visto che solo quest’anno ha fatto partire circa 8mila persone. Parlando del boss dei mercanti di uomini, l’etiope Ghermay Ermias, una donna racconta che i soldi che guadagna li mette in Svizzera e in Israele e che ne ha così tanti da poterci vivere benissimo per 20 anni. Intanto però si lamentano del fatto che vengono tempestati da chiamate dei parenti preoccupati perché non hanno più notizie dei propri cari partiti per il viaggio della speranza
 
Il procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi: «Triton è meno efficace di Mare Nostrum. Perché Mare Nostrum (missione italiana chiusa l’anno scorso, il cui scopo era il soccorso dei naufraghi e non si fermava alle 30 miglia, ndr ) consentiva interventi più rapidi ed efficaci per soccorsi e indagini» [Cds 21/4/2015]
 
Intanto Gian Antonio Stella sul Corriere si è fatto un giro sul web e ha collezionato una carrellata di commenti scandalosi. Da Mladic che non prova «nessuna pena, 700 zozzoni in meno da sfamare!» a Parsifal1 che sostiene che i profughi vengono in Italia «perché i nostri politici venduti hanno fatto leggi che garantiscono a questa gente una casa e uno stipendio che un giovane disoccupato italiano può solo sognarsi...», fino a Ivano Colzani, uno dei pochi che si firma, che si mette a fare i conti: «1.350 (costo mensile per profugo) x 700 (nr. presunto di profughi affondati) x 12 (numero di mesi di presenza e mantenimento sul suolo italico) = 11.340.000 Euro risparmiati». Che i numeri siano falsi non importa [Stella, Cds 24/1/2015].
 
Profughi, in latino il termine profugus deriva dal verbo profugere, che significa «cercare scampo». I profughi sono le persone costrette  ad abbandonare la loro terra a causa  di una guerra, di una persecuzione politica  o razziale (ma si riferisce anche a chi lascia il suo Paese dopo un cataclisma). Lo statuto dei profughi è tutelato dalla Convenzione di Ginevra del 1951: chi arriva in un Paese che ha ratificato la convenzione, può fare richiesta di protezione internazionale; è poi una commissione territoriale a valutare la domanda [Cds 21/4/2015]. 
 
«Gli scafisti sono i nuovi trafficanti di schiavi: a loro dobbiamo dichiarare guerra» (Matteo Renzi). 
 
Renzi però non vuole assumersi rischi però con azioni di terra ferma, ma missioni di polizia da schierare dove partono i barconi. La via italiana contro «una crisi umanitaria che va affrontata come tale», più che al blocco navale che produrrebbe quello che Renzi chiama «un effetto taxi per gli scafisti», si indirizza verso ipotesi diverse, come quella di costruire presidi a ridosso della costa coinvolgendo i partner europei [Ruotolo, Sta 21/4/2015].
 
«Ho parlato di totale insufficienza delle iniziative assunte fin qui. Occorre un’iniziativa umanitaria, straordinaria che coinvolga gli organismi internazionali e le agenzie dell’Onu». (Il presidente Sergio Mattarella)
 
L’idea è quella di un’operazione di polizia internazionale che, come avvenuto anni fa in Albania e Somalia, neutralizzi o distrugga i barconi usati dagli scafisti [Galluzzo, Cds 24/2/2015].
 
La più drammatica strage di migranti degli ultimi anni ha convinto l’Unione Europea a muoversi. Il presidente del Consiglio Ue, il polacco Donald Tusk, ha annunciato per giovedì prossimo un summit straordinario a Bruxelles dei 28 capi di Stato e di governo sull’emergenza immigrazione nel Mediterraneo.  La Commissione europea ha presentato un piano di proposte in 10 punti contro il traffico degli esseri umani al Consiglio dei ministri degli Esteri a Lussemburgo, che è stato allargato d’urgenza ai responsabili degli Interni proprio per valutarlo in vista delle decisioni al massimo livello politico dei 28 leader europei. 
 
 
Tra le dieci proposte: aumento dei mezzi finanziari per consentire il rafforzamento delle operazioni navali (a partire da Triton); confisca e distruzione delle imbarcazioni; coordinamento delle agenzie per il controllo i flussi finanziari;  delle organizzazioni criminali impegnate a trasferire clandestini in Europa; una banca dati con le impronte digitali dei migranti
 
I ministri suggeriscono di utilizzare i metodi sperimentati nell’operazione Atalanta per la lotta contro i pirati che infestano l’oceano Indiano al largo delle coste somale. Ma per una effettiva azione di ricerca e distruzione delle imbarcazioni, ha avvertito ieri Federica Mogherini, sarà necessario un mandato delle Nazioni Unite, «e l’Europa si sta muovendo per ottenerlo».
 
Triton prevede interventi solo entro 30 miglia dai confini dell’Europa. Il New York Times elogia la flessibilità italiana che questa volta coincide con il buon senso: «Per fortuna la Guardia costiera e la Marina italiane non hanno tenuto conto dei vincoli e continuano a pattugliare le acque in prossimità della Libia. Solo nell’ultimo weekend hanno soccorso l’incredibile cifra di 8.480 migranti». Il giornale dubita che l’Europa non possa accogliere un numero maggiore di profughi. «La sola Turchia ha preso in carico 1,7 milioni di siriani; il Libano 1,2 milioni». Lo stesso argomento potrebbe essere applicato agli Usa, anche se non c’è traccia nell’articolo. L’Onu chiede agli Usa di ospitare 65 mila profughi siriani. L’amministrazione Obama, bloccata dal «no» repubblicano al Congresso, finora ha dato disponibilità solo per duemila. 
 
Ian Bremmer, fondatore di Eurasia, spiega a Viviana Mazza sul Corriere perché gli Usa non hanno intenzione di intervenire. «Non c’è dubbio che ci sia una maggiore indifferenza da parte degli Stati Uniti o un minore impegno nel risolvere le crisi. Queste accade per molte ragioni, ma non tutte hanno a che fare con gli Usa. La verità è che le sfide sono diventate molto più ampie. Molti Paesi credono di avere soluzioni alle crisi – Paesi come Qatar, Arabia Saudita, Iran, Turchia – ma sono soluzioni diverse e in contraddizione fra loro. L’interesse più grande per Renzi è la Libia ma quest’ultima tragedia degli immigrati, per quanto orribile, nel contesto di quello che sta accadendo in Medio Oriente è piuttosto piccola». 
 
«Sulla Libia la risposta iniziale di Obama è stata che l’America si aspetta che gli Stati della regione facciano di più. Le stesse parole che ha usato sull’Iraq, respingendo l’idea che l’America possa occuparsi della costruzione dello Stato. Resta però il fatto che gli attori regionali non sono d’accordo tra loro e questo è un problema molto serio. La colpa non è di Obama: la Cina, per esempio, non ha fatto quasi nulla, benché i suoi interessi economici nella regione siano oggi perfino maggiori di quelli americani. Non c’è dubbio che, alle prossime elezioni Usa, molti si faranno avanti per criticare la politica del presidente in Medio Oriente. Però allo stesso tempo, nessuno dice che cosa avrebbe fatto concretamente per portare a risultati radicalmente diversi. Perciò scrivo di un “mondo del G-Zero”: lo scenario non cambierà sostituendo il presidente americano. Stiamo entrando in una fase di profonda creatività distruttiva».
 
«Oggi come oggi ci sono solo due opzioni: rimandarli nei paesi vicini, con l’approvazione di questi ultimi. Oppure farli transitare in Europa, con un dispositivo più rapido di selezione tra coloro che meritano il diritto d’asilo e coloro che devono essere rimpatriati» (Fabrice Leggeri, ex ministro della Difesa e degli Interni, da tre mesi dirige Frontex, l’agenzia europea per il controllo dell’immigrazione a Le Figaro) [Rep 21//2015].
 
«Nemmeno immaginano quanto sia sconfortante l’impotenza esibita sulla questione della Libia, a solo pochi anni dalla prova di inettitudine e cecità messa in mostra con la violenta detronizzazione di Gheddafi. Quanto suoni lontano questo disquisire su sigle e nomi che non rispondono alla sostanza della questione: cosa ha fatto l’Europa sinora per impedire la carneficina nei mari, ma anche soltanto per capire il perché di un esodo così massiccio? Confidiamo sempre che qualcun altro (gli Stati Uniti, ovviamente: salvo imprecare contro Obama e prima di lui contro qualunque inquilino della Casa Bianca) possa muoversi al posto nostro» (Pieeluigi Battista) [Cds 21/4/2015].