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 2015  aprile 21 Martedì calendario

Dopo centocinquant’anni, l’Italia dice addio al censimento: la statistica invecchia troppo in fretta, i numeri appassiscono, nemmeno il tempo di elaborarli che la società è già cambiata. È partita la sperimentazione di un ritratto del Paese in tempo reale del nostro vivere quotidiano, che si basa su sondaggi a campione e incroci di dati catturati invece dagli archivi della pubblica amministrazione

Un censimento permanente. Per sapere – sempre – quanti siamo e come viviamo. Noi, cioè l’Italia. Sessanta milioni o qualcosa di più. Giovani, vecchi, adulti, bambini, nati qui o altrove. Il censimento cambia. Si rinnova. Un secolo e mezzo dopo il primo conteggio dell’Italia appena unita, la capillare fotografia in numeri del Paese, casa per casa, strada per strada, diventerà dal 2016 una rilevazione annuale. Ossia un ritratto in tempo reale, e non più ogni dieci anni, del nostro vivere quotidiano. Fatto di sondaggi a campione “sul campo”, e di incroci di dati catturati invece dagli archivi della pubblica amministrazione. Perché anche la statistica invecchia, i numeri appassiscono, nemmeno il tempo di elaborarli che la società è già cambiata. E la gigantesca, costosissima, quasi elefantiaca macchina del censimento tradizionale rischiava di diventare un inutile dinosauro di cifre e grafici. Anni per la rilevazione dei dati e anni per la loro elaborazione: con il risultato, già evidente nell’ultimo censimento del 2011, di informazioni che sembravano obsolete non appena pubblicate.
La sperimentazione è partita da pochi giorni in 150 comuni: a rispondere ai questionari del censimento saranno chiamati soltanto alcuni gruppi di popolazione, soltanto alcune famiglie e non più tutte. I loro dati (componenti del nucleo, caratteristiche delle abitazioni) rilevati con metodo tradizionale, ossia con l’operatore che bussa alla porta, lascia e poi ritira il questionario, saranno poi messi a confronto con quanto di noi già esiste in una molteplicità di banche dati. Dall’Inps alla Motorizzazione, dalle società del gas e della luce, dal Catasto alle assicurazioni. Così da un campione di pochi, elaborato statisticamente, si avranno le caratteristiche di molti, aggiornate in tempo reale, attraverso il flusso degli archivi online della pubblica amministrazione.
Roberto Monducci è il direttore del “Dipartimento per i censimenti e gli archivi amministrativi e statistici dell’Istat”. «Sui censimenti esiste un regolamento comunitario, poi ogni paese sceglie la propria metodologia di rilevazione. Resta sempre l’appuntamento decennale del 2021, ma l’obiettivo è arrivarci con dati freschi e dimezzando i costi. Questa prima sperimentazione, appena partita in un gruppo di comuni, ci dirà se siamo sulla strada giusta. Quello del 2011 è stato l’ultimo censimento “campale”, con sessanta milioni di persone chiamate a rispondere ai nostri questionari. Uno sforzo pazzesco, e non ripetibile, nonostante una parte della rilevazione fosse già via web».
In pratica, nei comuni già scelti, verranno fatti due tipi di indagine: una per verificare i numeri puri e semplici della popolazione e controllare quindi l’attendibilità o i “buchi” delle anagrafi. La seconda per registrare, più nel dettaglio, i dati socio-economici del campione di famiglie osservate. «Dieci anni fa – aggiunge Monducci – non avevamo ancora questo patrimonio online di informazioni sui cittadini. Dati fiscali, previdenziali, sempre aggiornati, e assai più precisi rispetto al censimento cartaceo. Da questo incrocio, tra le famiglie campione e gli archivi informatici, noi possiamo tracciare un identikit attendibile della popolazione italiana».
Non solo. Questo tipo di organizzazione permette di evidenziare, e di concentrarsi meglio, su quanto sfugge all’occhio del censimento. Quei segmenti di società che le statistiche non riescono a catturare. I numeri non sempre attendibili delle anagrafi, le cui statistiche a volte non coincidono con la “dimora abituale” di una persona. «Si può risultare residenti in un comune, ma non vivere più in quel luogo da tempo. O viceversa. Intercettare situazioni più mobili, come quelle di chi si sposta spesso, gli immigrati ad esempio. In questo modo – conclude Monducci – incrociando i dati di archivio e quelli sul campo, ci renderemo conto di quali sono le aree raggiungibili e quelle nascoste, in cui dover intervenire, ad esempio, con un lavoro “porta a porta” più capillare».
Il tutto per approdare comunque ad un bilancio globale nel 2021. Con una statistica che racconti però, concretamente, il Paese. Quanti siamo, dove viviamo, con chi abitiamo. Chi si sposta e chi migra. Se le nostre case sono piccole o grandi. Se le nostre famiglie crescono o rimpiccioliscono. Noi insomma, cioè l’Italia prossima ventura.