Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  aprile 17 Venerdì calendario

Più protestanti che cattolici: ecco l’identikit delle vittime dell’odio religioso. Per i fedeli dell’Islam il proselitismo è lesa maestà

Per i killer che li selezionano in un college kenyota, nei rastrellamenti a Raqqa o sul gommone alla deriva verso l’Italia, i cristiani sono, mutatis mutandis, il nemico di una guerra manichea tra bene e male. Ma dire cristiani significa dire una galassia di comunità accomunate dalla croce sebbene diversissime tra loro. In Nigeria per esempio, Paese dal quale pare provenissero i 12 gettati in mare ieri per la loro fede, bisogna distinguere almeno 3 gruppi. Ci sono i cristiani storici, cattolici e protestanti (anglicani, metodisti e luterani) presenti sin dalla nascita dello stato nigeriano e generalmente contraddistinti da un bassissimo profilo (i cattolici ancora di più), le comunità evangeliche e pentecostali più assertive e in crescita nonostante la sfida di Boko Haram (sono il 20%) e i convertiti dall’islam che, soprattutto nelle regioni settentrionali governate dalla sharia, costituiscono il bersaglio numero uno dei folli di Dio. Tutti insieme i cristiani rappresentano oltre metà della popolazione (e sono in crescita) ma costituiscono anche la maggioranza delle vittime, uccise, sfollate o rapite (almeno 165 delle 232 ragazze sequestrate un anno fa a Chibok sono cristiane della denominazione evangelica Chiesa dei fratelli). I testimoni a bordo del gommone della «selezione religiosa» raccontano che a pagare il prezzo della fede siano stati nigeriani e ghanesi. In Ghana i cristiani, compresi gli evangelici, rappresentano l’84% della popolazione (il resto sono musulmani), maggioranza come in Kenya tenuta però nel mirino dai fanatici per fini economici, ideologici e mediatici (colpire i cristiani oggi garantisce notorietà). Anche nei paesi di provenienza degli scafisti, Costa d’Avorio, Mali, Niger, si ripropone la convivenza fino a qualche anno fa pacifica tra imam e preti, i cattolici negoziatori e i protestanti (o evangelici) più votati al proselitismo (che in paesi islamici è reato di lesa maestà).
«Noi cattolici non facciamo proselitismo e diversamente dai protestanti riusciamo a costruire chiese nei posti più incredibili perché battiamo vie traverse e cerchiamo l’accordo coi capi tribù» racconta padre Lucio, decano dell’isola di Sumatra Indonesia. «Ci sono sette evangeliche che offrono soldi a chi si converte mettendoci tutti nei guai» conferma un sacerdote di Bubashwar, cuore di quell’Orissa indiana che nel 2007, in piena offensiva induista contro le conversioni, conobbe i pogrom contro i cristiani. Il problema esiste anche nel Corno d’Africa e nell’Africa sub-sahariana, dove, per esempio in Ghana, ci sono sette i cui preti praticano riti feticisti. Quando si parla di persecuzione dei cristiani si parla di una comunità nel suo insieme, ma a detta delle organizzazioni che monitorano il fenomeno, la maggioranza delle vittime dell’odio anti-cristiano oggi non sono cattoliche.