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 2015  aprile 17 Venerdì calendario

Emergenza immigrati, la rivolta delle Regioni contro il piano-tendopoli. Dubbi sulle strutture di accoglienza non solo dai governatori leghisti. Il Viminale corre ai ripari: «Trattiamo con i sindaci. Intese con i singoli comuni»

Voltare le spalle ai governatori e trattare direttamente coi sindaci. Eccola l’ultima mossa del Viminale sulla scacchiera dell’accoglienza. Una circolare pronta a partire per aggirare il no delle Regioni. Una battaglia ancor più accesa dopo lo scontro religioso che ha marchiato l’ultima tragedia del mare, con 12 migrati affogati nel Canale di Sicilia. Su un fronte c’è il ministero dell’Interno, che deve gestire 80mila profughi e sollecita i prefetti a reperire in tempi brevi almeno 6.500 posti in più. Sull’altro restano le Regioni che alzano il muro all’accoglienza, capeggiate da Veneto e Lombardia a suon di «no alle tendopoli». Il problema è che le ultime ondate di sbarchi (oltre ventimila dall’inizio dell’anno) rischiano di mandare in tilt la rete del Viminale. E le previsioni sono fosche: «Ci aspettiamo gli stessi numeri dell’anno scorso (quando arrivarono 170mila immigrati, ndr), se non di più. Di questo passo non reggiamo – spiegano i tecnici del ministero – e per questo abbiamo chiesto nuovi fondi al ministero dell’Economia». Le strutture d’accoglienza sono infatti al collasso. Le Regioni devono fare di più. Ma, complici anche le scadenze elettorali, molte si sfilano. Comincia Roberto Maroni: «Assistiamo all’invio di clandestini decisi dal ministero dell’Interno con una telefonata al prefetto – sbotta il governatore lombardo – Non si può gestire un’emergenza in questo modo. Per questo, noi non daremo assistenza finché non ci chiama Roma e non ci chiede se siamo disponibili e soprattutto non ci dice quanti soldi ci dà». Non è tutto. L’ultima tragedia del mare pare radicalizzare ancora di più le posizioni. «Il no del Veneto all’arrivo di altri immigrati sul proprio territorio è diventato ancora più netto – dichiara infatti il governatore Luca Zaia – considero l’ulteriore invio da parte del governo un atto ostile nei confronti dei territori, così come giudico la peggiore possibile la soluzione dell’allestimento di tendopoli, della quale circola voce anche per due comuni trevigiani».
E non sono solo le Regioni a guida leghista a rifiutare la propria quota di migranti, prevista dal “Piano nazionale d’accoglienza” del 10 luglio 2014 e proporzionata al numero di abitanti. Anche da altre arriva lo stop. «Adesso – osserva il governatore della Toscana, Enrico Rossi – ci chiedono posti per 700 persone. Se si pensa di aprire grandi contenitori per l’accoglienza degli immigrati, siamo decisamente contrari, perché si ghettizza ed emargina. Il modello che abbiamo adottato nel 2011 prevede piccole risposte, sparse». A suonare l’allarme è infine il presidente dell’Anci, Piero Fassino, che chiede «con urgenza» un incontro al ministro dell’Interno e alla Conferenza dei presidenti delle regioni, perché «è necessario un coinvolgimento di tutte le istituzioni, evitando la sovraesposizione di alcuni comuni già fortemente impegnati, a cui è necessario garantire risorse adeguate. Il rischio è di rendere ingovernabili i processi di accoglienza e impraticabili i percorsi successivi di integrazione».
Il Viminale intanto studia le contromosse. A breve potrebbe partire una nuova circolare diretta ai prefetti. Il contenuto? «Aggirare il muro dei governatori e trattare l’accoglienza direttamente coi sindaci, anche dei piccoli centri – spiegano al ministero – non imporre nulla, né requisire strutture, ma concordare un’operazione condivisa. Se distribuissimo gli 80mila migranti accolti in questo momento in Italia tra gli oltre ottomila comuni del Paese avremmo risolto l’emergenza». Il sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, precisa: «Non voglio minimizzare la drammaticità del problema, ma l’Italia non è l’ombelico del mondo. Su più di ottomila, sono 450 i comuni che fanno accoglienza, tutto va riportato alle giuste dimensioni». E le mega-tendopoli? Per ora non sono all’orizzonte, ma non si escludono. «Se dovesse aumentare il flusso di arrivi – ammettono i tecnici del Viminale – non potremmo certo lasciare i migranti sulle banchine. Allora via libera a caserme e tendopoli per fronteggiare l’emergenza».