La Stampa, 1 aprile 2015
La sfida della Catalogna a Madrid: «Indipendenti in 18 mesi». I partiti che governano la regione, ovvero i centristi di Convèrgencia i Unió e la sinistra radicale di Esquerra Republicana, hanno scritto nero su bianco il loro percorso secessionista
I tanti turisti a passeggio tra le Ramblas interrogano spesso le guide: «Cosa sono queste bandiere alle finestre? C’è una festa?». La spiegazione per le comitive è complessa, ma anche facile: «Nessun anniversario, nel 2017 la Catalogna sarà una nazione». Vessilli a parte, l’atmosfera tra i viali di Barcellona non è affatto di rivolta, eppure la sfida secessionista non è per nulla sopita (nonostante qualche sondaggio poco brillante).
La strada già «tracciata»
L’ultima tappa di una battaglia fatta di piazze e carte bollate è di queste ore: i partiti che governano la Catalogna, ovvero i centristi di Convèrgencia i Unió e la sinistra radicale di Esquerra Republicana, hanno scritto nero su bianco il percorso dell’indipendenza. Il primo punto ha un tono solenne e risorgimentale: «Elezioni plebiscitarie». Si tratta, in realtà, di banali elezioni regionali (il 27 settembre), trasformate in un referendum sull’indipendenza: «Un meccanismo legale per conoscere la volontà del popolo», si scrive nel documento. La logica è questa: chi vota per i due partiti del patto (più altre piccole formazioni) sceglie la secessione, senza equivoci. Ottenuta la maggioranza, verrà creata una costituente e le altre strutture del nuovo stato repubblicano, per la cui proclamazione si fissa un termine: 18 mesi da settembre. Il tutto suggellato da un referendum.
L’accordo
Il centrista Artur Mas, presidente della Generalitat e l’alleato di sinistra Oriol Junqueras tentano, così, una strada meno improvvisata di quella dell’autunno scorso, quando Madrid impedì un referendum sull’indipendenza, costringendo i secessionisti a una consultazione informale (votarono 2,3 milioni di catalani). In Spagna siamo in campagna elettorale, il 24 maggio ci sono le comunali, e i toni sono alti: «Eserciteremo l’indipendenza il giorno dopo il plebiscito», ha proclamato ieri Junqueras. Mas è appena più prudente: «Si tratta di un preaccordo, ancora da definire».
La road map non può piacere a Madrid: «Nessun governo può accettare una cosa del genere – attacca il premier Mariano Rajoy –. Non si può obbligare i catalani a smettere di essere spagnoli ed europei». Nella guerra tra unionisti e separatisti i più imbarazzati sono i socialisti catalani, un tempo egemoni da queste parti e oggi schiacciati tra i due opposti eserciti: «Le provocazioni centraliste del Pp ci hanno portato a questa radicalizzazione – spiega la portavoce Esther Nhiubo – Anche noi vogliamo un referendum, ma legale, che cambi la costituzione. È quello che vogliono i catalani».