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 2015  aprile 01 Mercoledì calendario

Ancora Mike Powell. L’uomo dell’8,95 nel lungo, a 51 anni, torna in pedana per cercare il record del mondo over 50

Sai qual è la fregatura? È che da “vecchio” ti accorgi improvvisamente di avere punti del corpo che non avevi mai considerato prima, senti dolore dove prima era come se non ci fosse niente!». A 51 anni il primatista del mondo del salto in lungo Mike Powell è tornato in pedana sapendo di sfidare tempo, artrosi, rotule, caviglie, adipe, paure, speranze, avversari, sabbia, plastilina, vento. Gli unici elementi mancanti sono la giovinezza e Carl Lewis: «Potrei anche chiedergli di riprovarci, ma sono sicuro che direbbe di no, anche per gioco non si rimetterebbe mai in gioco». Adesso l’avversario di Powell (che già fra 2006 e 2007 aveva tentato di riproporsi massicciamente...) è un traguardo inedito nella storia dell’atletica leggera: essere il primatista del mondo di una specialità e al tempo stesso il primatista del mondo di una categoria master, nel suo caso la M50 (dai 50 ai 54 anni): «In allenamento ho già saltato quanto servirebbe». Acciacchi a parte, un mese fa Powell aveva provato a gareggiare a Wellington, in Nuova Zelanda, ma in fase di riscaldamento ha sentito un dolore alla gamba (ora entra in pedana con la destra perché la sinistra, quella dei suoi glory days, di quando a Tokyo, nella gara più lunga, in tutti i sensi, e struggente della storia del salto in lungo, vinse l’oro mondiale con 8,95, misura ancora insuperata, non è più in grado di sopportare il peso dello stacco, stiamo parlando di qualcosa che si aggira intorno agli 800 kg). C’è anche un altro avversario, di carta, scritto sulle pagine della statistica: Tapani Taavitsainen, il finlandese, ora 71enne, che nel ‘94 stabilì l’attuale record del mondo del salto in lungo M50 (6,84). «Ma io sono già andato oltre i 7 metri, è alla mia portata (il record americano è di “appena” 6,40, ndr)». E non è che nel mondo degli “assoluti” il salto in lungo americano sia in grande spolvero (dal 2012 solo sei atleti hanno superato gli 8,20). Il punto tuttavia è un altro: «Quando torni e speri, speri più di quanto non ti sia permesso tornare: in Nuova Zelanda non sentivo più le anche, era come se improvvisamente avessi perso la sensibilità della gamba destra, si chiama parestesia, mi formicolava tutto fino al mignolino». Ed era una giornata impossibile: vento, pioggia. Per prepararsi, cautelando il fisico (ha perso 20 chili, ora pesa due chili in più di 24 anni fa, 83 kg) Powell è costretto a rinunciare a lavori, pur teoricamente fondamentali per un lunghista, come il potenziamento con i balzi, certa palestra. Insomma occorre (Powell l’ha scoperto in corso d’opera) limitare giorni e intensità, soprattutto per quanto riguarda l’impegno elastico. Magari aumentando la forza dei glutei, là dove vive, nella zona est di Los Angeles, oltre il Barrio, o al Rancho Cucamonga, nella contea di San Bernardino, salendo un po’ sulle montagne, sempre scrutato con rispetto dal suo coach Darrly Hudson e affiancato da tanti altri “master” come lui, fra i quali anche l’ex triplista Willie Banks. «Fra un mese ci riprovo». Il modello di Powell è un mito “master” come Willie Gault: se lui è riuscito a correre i 100 metri soltanto il 7% più lento dei suoi anni da professionista, pensa, perché non potrei io (ma sarebbe più di 8,00!)? «Devo tornare a correre veloce». Quando era “ciccione” correva i 100 in 13”. Ultimamente è sceso a 12”80. «Ma per saltare 7,20 devo scendere almeno a 12”50». Non è una bazzecola ma tutti aspettano.