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 2015  aprile 01 Mercoledì calendario

Il caso Robin Williams, l’attore che ha deciso di tutelare la sua immagine anche dopo la morte

L’11 agosto 2039 sarà il 25° anniversario della morte di Robin Williams. Fino a quel giorno, non vedremo mai la sua immagine in uno spot, né vedremo – quando, tra breve, la tecnologia lo permetterà – Williams inserito digitalmente in film realizzati dopo la sua morte (manca davvero poco: già il Fast and Furious 7 che esce domani contiene molte scene con Paul Walker girate dopo la morte dell’attore: un mix di tecnologia digitale e dell’aiuto dei suoi molto somiglianti due fratelli utilizzati come controfigure). Williams, prima di suicidarsi, schiacciato a soli 63 anni dalla depressione e dal morbo di Parkinson, decise di controllare la propria immagine anche dopo la morte. E con i suoi avvocati ha creato le 47 pagine di una «disposizione testamentaria aggiuntiva» – il «caso 14-298367» davanti alla Corte Superiore dello Stato della California – che aggiungerà un elemento innovativo alla giurisprudenza americana per quanto riguarda i testamenti di grandi attori e musicisti.
In quelle 47 pagine, come ha subito commentato ieri l’ Hollywood Reporter, si illustra con chiarezza il «trust» (protetto anche dal fisco: Michael Jackson non ci pensò e ora i suoi eredi hanno un contenzioso da mezzo miliardo di dollari con l’erario) con il quale Williams ha scelto di tutelare la sua eredità artistica: la sua immagine. In questi giorni si è parlato molto di una questione poco edificante ma di scarsa rilevanza: figli e vedova si stanno azzuffando sulla divisione di alcuni effetti personali dell’attore. Ma vedere Williams in uno spot, sentire la sua voce in un cartoon, rivederlo «clonato» in un film nel quale lui non scelse di apparire? Se ne riparlerà nell’estate del 2039.