La Stampa, 1 aprile 2015
Miracolo a Roma: i lampioni, sia pure a luce ridotta, saranno di nuovo accesi la sera
C’è confusione, incertezza, e sì, affanno, ma almeno c’è più luce – ed è diversa. La luce di stamattina, calda, primaverile: le giornate si allungano anche per l’ora legale, che rientra stanotte. Ieri, da qualche parte, ho letto che in alcune grandi città, anche a Roma, i lampioni, sia pure a luce ridotta, saranno di nuovo accesi la sera.
È Pasqua, e i giornali parlano di pace: viene da sorridere, se non ci fosse da piangere, sembra che dicano pace in lingue diverse, ciascuno la propria. Ma quale, e quando? Da un lato chi ti domanda, a brutto muso: ma lo capisci che la guerra è perduta per Hitler? Il fronte interno tedesco è disfatto, le truppe italiane catturano i nemici a decine. Dall’altro lato, i bollettini che arrivano da Berlino: vantano l’«accanita lotta contro i rifornimenti nemici», al punto – si legge – da far colare a picco, in una sola giornata nel Mare del Nord, una portaerei, quattro navi e tre cacciatorpediniere. Sul fronte italiano? «I germanici, con ricognizioni aeree, controllano costantemente i movimenti che si svolgono nelle retrovie nemiche, ostacolandoli con attacchi a volo radente». «La Stampa», in una corrispondenza da Tangeri, chiama i partigiani «volgari delinquenti». Sarà vero che il Croce si è lagnato dell’esclusione dell’Italia dalla conferenza delle Nazioni Unite a San Francisco? Non so se distrarsi sia lecito, scrivo dal balcone, al sole; in strada c’è gente che gioca a bocce, non si è smesso mai, nemmeno nel periodo peggiore dei bombardamenti. Almeno quelle non sono vietate. Le biciclette sì: circolazione delle biciclette proibita entro e fuori la zona interdetta della città. Proibito, interdetto: il lessico da quattro lustri è ridotto a questo. Mi solleva l’idea che allo stadio, alle 15, c’è Juventus-Torino. Partita benefica, sì, ma è pur sempre un’occasione per misurare il valore in campo. Confido nel grande Mazzola, naturalmente. Forse, di ritorno, farò in tempo a passare dal cinema Corso per «Il processo delle zitelle», mi sento in colpa, ma ho bisogno di ridere. E mi piace il sorriso di Ondina Maris. Ha qualcosa di misterioso.