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 2015  aprile 01 Mercoledì calendario

Un’altra fumata nera nella trattativa tra Grecia e Unione Europea. Varoufakis lascia Bruxelles senza aver convinto i partner sulle riforme che il governo Tsipras vuole attuare. E il default è sempre più vicino

Gli sherpa di Alexis Tsipras hanno rimesso le loro cose in valigia e si sono imbarcati a Zaventem per tornare a casa, con gli appunti e le idee in cui il gruppo bruxellese dei loro creditori non ha visto il piano di riforme che attendeva. Dopo quattro giorni di negoziato, l’ex troika formata da Ue, Fmi e Bce non ritiene ancora che sia il caso di consigliare l’erogazione almeno di una parte dei 7,2 miliardi rimasti nel piano di salvataggio condizionato esteso a fine giugno. Oggi alle 15 è in calendario una riunione telematica dell’Euro Working Group, i tecnici dei ministeri del Tesoro dell’Eurozona, ma non dovrebbe sbloccare l’impasse. «Non intravedo una svolta prima di Pasqua», stima il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk. E non è il solo.
Cresce il pessimismo
«Siamo lontani» è la formula del «Brussels Group», parole che stonano con la retorica che rimbalza da Atene, dove si semina ottimismo non si sa su quali basi. «Abbiamo avuto l’opportunità di illustrare in modo esaustivo la lista delle riforme approntata dal governo», assicurano fonti dell’esecutivo ellenico, convinte al punto da assicurare che «adesso i colloqui s’intensificheranno nella capitale greca». Si può immaginate che il team di Tsipras sia persuaso che, come probabile, i creditori non lascino fallire la Grecia, dunque si faccia un accordo, ottenuto il quale il premier potrà dire «ve l’avevo detto!».
Atene a secco il 20 aprile
È un gioco rischioso. L’altro mantra che unisce le dichiarazioni formali e no dei creditori, dai negoziatori bruxellesi ai leader massimi Merkel e Hollande, è che il «tempo sta finendo». Atene deve rimborsare 448 milioni il 9 aprile al Fmi; poi ci sono 1,4 miliardi di bond in scadenza da rinnovare il giorno 14. Nessuno ha smentito l‘indiscrezione secondo cui il ministro dell’Economia Varoufakis sarebbe destinato a rimanere a secco il 20 aprile, e nemmeno quella che vede l’asciutto nei forzieri già dopo il pagamento a Washington. Fa poca differenza. Senza gli assegni dell’ex Troika, Tsipras danza il tango con la bancarotta. E senza riforme, non avrà un cent.
«La cosa più importante è che da parte greca si chiariscano le intenzioni economiche e politiche del governo», avverte ancora il polacco Tusk, comunque persuaso che un accordo sia possibile «entro aprile». «La palla è nel campo di Atene – dice Mina Andreeva, portavoce della Commissione -: il tempo (dei pagamenti) dipende dall’approvazione della lista ampia e credibile che si sono impegnati a presentarci». A Bruxelles, se dovesse servire, sono pronti a lavorare tutto il fine settimana.
Lo schema di Tsipras
Quello che c’è non è sufficiente. Lo schema di Tsipras è fondato su 3,7 miliardi auspicati di maggiori entrate, 1,5 di privatizzazioni (700 meno del vecchio piano) compreso il porto del Pireo e 14 scali locali, 8 macro settori di riforme fiscali previdenziali, fiscali e giudiziarie. «Titoli senza articolo», ripete una fonte comunitaria, mentre cresce la sfiducia e la diffidenza fra le parti. «Incolpare la Troika non è produttivo – dice il segretario Ocse, Angel Gurria -, i problemi della Grecia non sono nati 5 anni fa ma prima, quando dicevano di avere deficit del 5%, invece era il 15: dimenticavano un “uno”».
Tsipras gioca a carte semicoperte e su molti tavoli. «Rispetteremo i patti sottoscritti il 20 febbraio coi creditori», ha proclamato in Parlamento. La sensazione è che stia prendendo tempo, sebbene non si capisca perché. Stuzzica l’Europa mandando segnali a Mosca. «Flirtare con Russia e Cina rende più difficoltosa una soluzione costruttiva con l’Europa», avverte Manfred Weber, capogruppo popolare all’Europarlamento, il che dà un colore politico alla contesa. Ieri i Verdi dell’Ue hanno incontrato Varoufakis assicurandogli solidarietà. È molto «europeo». Ma lo è anche saldare i debiti e rispettare i patti.