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 2015  marzo 31 Martedì calendario

Il patto violato tra passeggeri e piloti. E per riacquistare la fiducia, molti comandanti dopo aver declinato le proprie generalità sono arrivati a comunicare lo stato di famiglia: «Ho una moglie, due bambini, un cane». Quindi state tranquilli, se potete

«A casa tutto bene?». Alzi la mano chi salendo su un aereo in questi giorni non ha avuto, magari anche solo in un angolo della mente, la tentazione di rivolgere questa domanda ai piloti che ti accolgono in cima alla scaletta.
L’11 settembre cambiò il mondo, le nostre vite e infine anche i regolamenti di bordo, con le cabine blindate, a prova di bomba e chiuse dall’interno. La tragedia di Le Vernet non avrà lo stesso effetto copernicano, per quanto enorme e pazzesco negli sviluppi non è uno di quei fatti che vent’anni dopo tutti ricordano dov’erano, cosa facevano. Ma le conseguenze ci sono già, immediate come la sottile inquietudine che molti confessano nell’avvicinarsi all’ora del volo prenotato da tempo.
Non è stato un disastro aereo come gli altri. All’errore umano siamo preparati, siamo tutti imperfetti, sappiamo che può accadere. Quel che non ci aspettavamo era l’orrore umano, il buio nella mente, in quella di un ragazzo dalla faccia pulita che avremmo salutato distratti, con gli occhi già rivolti alla ricerca della nostra fila, tanto sappiamo che ci possiamo fidare. Ora li guardiamo in faccia. Cerchiamo segni di tranquillità su una mappa impossibile da decifrare, l’animo umano è imperscrutabile per definizione. Eppure viene di farlo in automatico, come un riflesso pavloviano del quale ci si vergogna subito.
Uno è uno, non ci saranno altri Lubitz. Ma è inevitabile, più forte di noi. E loro, i piloti, sono i primi a saperlo. Oltre che nelle 149 vittime innocenti, il danno è nella rottura di un patto non scritto, io salgo sull’aereo che tu guidi perché so che sei ben addestrato a farlo, abile e controllato e quindi non ci penso nemmeno alle tue possibili paturnie. Il ricorso di massa alla certificazione della propria felicità sta invece diventando un effetto collaterale della tragedia.
Sono tanti i piloti e gli assistenti di volo che in questi giorni postano foto sorridenti sui social network aggiungendo la prossima destinazione. Al Corriere sono già arrivate una decina di mail di lettori viaggianti che hanno notato, su voli diversi, l’approccio più confidenziale dei piloti al momento delle solite comunicazioni di bordo, che in alcuni casi dopo aver declinato le proprie generalità sono arrivati a comunicare lo stato di famiglia, ho una moglie, due bambini, un cane. Come a dire, sono come voi, come tutti, felice o infelice non importa, ma non ci penso neppure a fare follie, e quindi state tranquilli, se potete.