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 2015  marzo 31 Martedì calendario

L’Iran e l’accordo sul nucleare. Restano ancora tre nodi da sciogliere: le restrizioni sulle attività sia di arricchimento che di ricerca; il calendario di smantellamento delle sanzioni e il loro ripristino in caso di violazione. Ma l’intesa è sempre più vicina

Sono le ore degli ultimi tatticismi, dei colpi di coda, dei voltafaccia apparenti, dei bluff da pokeristi consumati, del pessimismo diffuso ad arte, delle concessioni mascherate, tutto l’armamentario di ogni negoziato diplomatico che si vuole duro, complesso e soprattutto gravido di conseguenze politiche profonde. 
A meno di una clamorosa rottura, frutto di un coup de theatre impossibile da escludere del tutto, la trattativa sul nucleare iraniano si avvia questa notte alla sua conclusione. E se differenze sostanziali separano ancora le parti negozianti, un accordo quadro – limiti robusti alle ambizioni atomiche di Teheran in cambio dello smantellamento cadenzato dell’embargo internazionale – appare a portata di mano. Anche se poi saranno necessari mesi per metterne a punto i complicatissimi dettagli operativi. 
«La volontà politica di chiudere c’è», ha spiegato Federica Mogherini, l’Alto Rappresentante per la politica estera della Ue, che ha presieduto la sessione plenaria del mattino, prima che le delegazioni dei «5+1» e dell’Iran si lanciassero in una frenetica successione di riunioni tecniche, sessioni bilaterali, conversazioni informali. Un tourbillon che sicuramente proseguirà a oltranza fino alla mezzanotte di oggi, scadenza indicata per il compromesso. 
Secondo fonti occidentali, sono tre i punti più critici ancora da risolvere: la durata delle restrizioni sulle attività sia di arricchimento che di ricerca e sviluppo dell’Iran, oltre i 10 anni previsti dalla bozza d’intesa e a quanto pare già accettati da Teheran; il calendario di smantellamento delle sanzioni e infine il loro ripristino in caso di violazione dell’accordo da parte dell’Iran. 
Soprattutto il primo punto appare controverso. Il regime sciita insiste per poter continuare una limitata attività di sviluppo e ricerca a fini pacifici. Ma l’impiego di centrifughe di nuova generazione, molto più veloci ed efficienti, rischierebbe di far saltare i parametri in base ai quali è calcolato il breakout time. Detto altrimenti, se Teheran decidesse di riprendere il programma atomico militare, i nuovi macchinari le consentirebbero tempi più spediti verso la costruzione di un ordigno. In realtà, si discute ancora su tutto. Ieri, in un apparente rovesciamento di posizione dell’ultima ora, un vice-ministro iraniano ha escluso categoricamente che le riserve di uranio a basso grado di arricchimento possano essere inviate in Russia, per la trasformazione in barre combustibili, come parte dell’intesa. Ma un funzionario del dipartimento di Stato Usa, al seguito di John Kerry, ha detto che la questione «non è stata ancora decisa» e che «il processo all’estero delle riserve fissili è essenziale, per assicurare che le attività dell’Iran restino solo pacifiche». 
Oltre a Mogherini, «cautamente ottimista» si è detto ieri sera il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, secondo il quale «le posizioni si stanno progressivamente avvicinando». E di «generale volontà di arrivare a una soluzione esauriente di compromesso nei prossimi giorni», ha parlato anche Sergej Lavrov. Suscitando un piccolo allarme, il ministro degli Esteri russo è rientrato nel pomeriggio a Mosca, ma la sua portavoce ha spiegato che si trattava di impegni già presi da tempo e che già oggi Lavrov farà ritorno a Losanna. Da Teheran, un invito a tenere duro nella trattativa è venuto da uno dei consiglieri della Guida Suprema: «I nostri negoziatori stiano attenti alle tattiche ingannevoli e abili dei nostri nemici», ha detto l’ex ministro degli Esteri, Ali Akbar Velayati. 
Sullo sfondo restano immutate le inquietudini israeliane, di fronte alla prospettiva di un’intesa, che restituirebbe Teheran alla comunità internazionale. Ieri il premier Netanyahu è tornato a mettere in guardia da un accordo, che significherebbe «premiare» la politica aggressiva dell’Iran.