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 2015  marzo 27 Venerdì calendario

Ignazio Marino alla fine ha venduto la sua Panda rossa. Alla moglie. Dopo il parcheggio abusivo al Senato e le multe per gli ingressi in centro altro divieto di sosta per l’auto del sindaco. Ora intestata alla consorte

Volevo dire di no quando la Panda passò. Ignazio Marino, come Massimo Ranieri, era proprio convinto: voleva dire di no alla sua auto rossa che tante grane gli aveva procurato. E per questo l’aveva messa in vendita, deciso a disfarsene. Solo che poi, proprio come recita la canzone, «la mia ragazza era lì e allora dissi di sì». Che ci volete fare? Non ha potuto resistere: ha detto di sì e l’ha ceduta a sua moglie. Prezzo di favore: 900 euro. Pronta consegna, sistema usato (famigliare) sicuro. «Quando la Panda passò cantando cose d’amor, quando la Panda passò nel cielo il sole spuntò». La targa è stata subito cambiata. Il parcheggio, invece no: l’auto rossa, infatti, continua a stare impunemente in divieto di sosta davanti a casa del sindaco.
Che ci volete fare? Ogni scandalo ha il suo Rolex, ogni indecenza ha la sua mutanda verde. C’è sempre un episodio che tocca il limite della sopportazione e diventa insieme simbolo e punto di non ritorno. L’ultimo episodio della saga della Panda rossa potrebbe rappresentare tutto ciò per il sindaco Marino, se solo il sindaco Marino avesse un po’ di buon senso: perché gli si può perdonare di tutto, da mafia capitale ad affittopoli, dalle buche nelle strade a Roma perennemente allagata, dallo sfascio delle periferie ai vigili assenteisti, gli si può perdonare che qualsiasi cosa accada in città a sua insaputa, che non si renda conto mai di nulla, che non si sia accorto nemmeno che Salvatore Buzzi finanziava la sua campagna elettorale e che poi otteneva dal Comune sconti sugli affitti, gli si può perdonare persino di essersi distratto mentre gli ultrà olandesi sventravano Roma e distruggevano la Barcaccia. Ma non gli si può perdonare la piccineria pataccara della vendita dell’auto rossa alla moglie, non gli si può perdonare il tentativo di farci fessi cambiando targa e continuando a parcheggiare in divieto di sosta. Quello è troppo anche per chi, come noi, da anni è abituato a sopportare di tutto. Soprattutto a Roma.
Ricordate l’incredibile svolgersi della vicenda? La Panda rossa dell’ex senatore Marino ormai divenuto sindaco ancora parcheggiata negli spazi riservati a Palazzo Madama, senza più averne diritto. Dopo interrogazioni, sit-in, prese in giro e quant’altro, ecco che – bontà sua – finalmente la sposta. E però l’occhio elettronico della Polizia municipale ne registra gli ingressi nel centro di Roma sprovvista della necessaria autorizzazione, per ben otto volte e senza che Marino si degni di pagare le conseguenti multe. Altre discussioni, interrogazioni, spiegazioni invero per nulla convincenti: alla fine il sindaco salda. Finita? Macché. La disgraziata Panda rossa viene pizzicata di nuovo, stavolta in divieto di sosta e sempre in centro. Un incubo. Per Marino, certo. Ma soprattutto per i romani.
Perché qui, in effetti, siamo oltre il livello di guardia. E perciò la trovata da Panda Bassotti, svelata in queste ore da un cronista del “Tempo”, meriterebbe di restare nella storia delle meschinità istituzionali, ancor più degli orologi di Lupi o della lingerie sexy delle consigliere coinvolte nelle Sprecopoli regionali. Già l’annuncio del sindaco Marino di voler vendere l’auto rossa, a dir la verità, era sembrato piuttosto singolare: come se la colpa delle multe fosse del mezzo meccanico e non di chi lo guida. Non lo sapevate? Proprio così: sono le auto che non rispettano i codici. Sono gli ammortizzatori a entrare nella Ztl. E sono i carburatori a chiedere in Comune la cancellazione delle contravvenzioni. Per cui non è il sindaco a dover cambiare o chiedere scusa: è la Panda che deve finire all’asta.
Come voi capite già l’intenzione di vendere era, in sé, piuttosto sciocca. Ai limiti della presa per i fondelli. Ma se poi, oltre tutto, anziché vendere davvero la Panda, Marino la cede alla moglie Rossana Parisen Toldin al modico prezzo di 900 euro (20 febbraio 2015), allora la presa per i fondelli risulta doppia. E se la moglie di Marino, come primo atto, subito dopo l’acquisto (24 febbraio 2015) chiede il cambio della targa per “deterioramento”, allora la presa per i fondelli è tripla. E se poi chiede un nuovo permesso Ztl con un contrassegno diverso (26 febbraio 2015), la presa per i fondelli è quadrupla. E se poi, ciliegina sulla torta, la medesima Panda rossa viene fotografata dal “Tempo” nel solito parcheggio in divieto di sosta, vicino al Pantheon e cioè sotto casa del sindaco (23 marzo 2015 ore 17.36), beh, allora siamo a livelli stratosferici, irraggiungibili, sopraffini. Roba che il Rolex di Lupi, per l’appunto, al confronto è una perfetta dimostrazione di correttezza istituzionale.
 Resta soltanto da capire, a questo punto, quale giustificazione troverà l’allegro chirurgo per spiegare la sua ennesima prodezza ed evitare le inevitabili dimissioni. Posso solo provare a immaginarlo. Comunque sicuramente dirà che lui non ne sapeva nulla. Che ha venduto a sua moglie ma non s’è accorto che era sua moglie. Che il prezzo (da 14mila euro a 900 euro) è sceso per colpa della crisi o dell’anticiclone delle Azzorre. Che la targa s’è cambiata per l’intervento di Harry Potter e il nuovo permesso Ztl l’ha portato la Fata Turchina. E non può certo essere considerato lui responsabile del fatto che la Panda rossa sia ancora in divieto di sosta perché, come è noto, le Panda rosse non vengono parcheggiate in divieto di sosta, ma sono calamitate. Proprio come il medesimo Marino è calamitato dalla poltroncina di sindaco.