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 2015  marzo 27 Venerdì calendario

Piloti impazziti che sentono voci, che vogliono parlare con Dio o che sono semplicemente tristi. Un libro dell’analista del settore aereo Antonio Bordoni denuncia i tanti casi di incidenti (o di mancati incidenti) dovuti alle condizioni mentali precarie di chi tiene in mano la cloche

È un caso isolato, quello del pilota impazzito sull’A-320? Magari. Nel 2008 un pilota della Air Canada, mentre volava verso Londra, ha dato in escandescenze e ha chiesto alla torre di controllo di farlo parlare con Dio. Allora l’altro pilota e le hostess gli sono saltati addosso e lo hanno immobilizzato. Dopo un atterraggio di emergenza in Irlanda, il pilota è stato portato via da un’autoambulanza, in camicia di forza. 
L’episodio è raccontato nel libro «Piloti malati» dell’analista del settore aereo Antonio Bordoni, che denuncia «i tanti casi di incidenti, o mancati incidenti, dovuti a piloti in precarie condizioni di salute. E fra le molte patologie la più insidiosa è quella mentale». 
Ci sono casi che hanno anticipato le modalità della tragedia dell’A-320. Il 29 novembre 2013 un Embraer mozambicano si è schiantato (uccidendo 33 persone) per l’azione deliberata di un pilota rimasto da solo nella cabina di pilotaggio. Le indagini rivelarono che era angustiato da dispiaceri familiari. Si può disquisire, in questo come in altri casi, se si sia trattato della manifestazione di una turba mentale o di un suicidio, ma la distinzione è accademica. E ci sono tragedie di questo tipo la cui dinamica è stata chiarita dal resoconto dei dialoghi a bordo, come nel caso dell’aereo Germanwings. Un evento del genere si è verificato il 9 febbraio 1982.
Un Dc-8 della giapponese Jal con 166 passeggeri sta atterrando a Tokyo. Ma pochi attimi prima si sente urlare nelle registrazioni «capitano, che cosa sta facendo?». L’aereo ha estratto il carrello e il comandante dovrebbe dare un’indicazione standard al co-pilota, ma rimane in silenzio. Dopo cinquanta secondi il co-pilota avverte il comandante che è arrivato il momento in cui bisogna decidere irrevocabilmente se atterrare o riattaccare. Per tutta risposta il comandante stacca il pilota automatico e applica ai motori l’inversione di spinta, il che in pratica equivale a una brusca frenata in volo. Il co-pilota tenta disperatamente di riprendere i comandi ma l’aereo va giù a 510 metri dalla testata della pista provocando la morte di 24 passeggeri. 
Si dirà: non si può prevedere se uno impazzisce all’improvviso, no? E invece in questo caso si sarebbe potuto. Quel capitano della Jal dal novembre 1980 al novembre 1981 era stato sospeso dal servizio per disturbi psicopatici, turbe depressive e allucinazioni. Poi era stato dato per guarito ed era tornato sui Dc-8. 
Ci sono anche episodi famosi che riguardano Paesi islamici. Li si tratta con cautela perché c’è il dubbio che rientrino in un capitolo diverso: quello del fanatismo religioso. Inoltre le inchieste ufficiali hanno avuto esito incerto. Ne mettiamo in fila tre. 
Il 21 agosto 1994 un Atr42 della Royal Air Maroc precipita subito dopo il decollo da Agadir: 44 morti. Gli investigatori propendono per l’incidente provocato deliberatamente dal pilota, tesi respinta dall’associazione dei piloti del Marocco. Il 19 dicembre 1997 un Boeing 737 della Silk Air in volo da Giacarta a Singapore cade provocando la morte dei 104 occupanti. La Ntsb americana propende per l’ipotesi del suicidio del capitano, non appena il co-pilota aveva lasciato la cabina di pilotaggio. Quel comandante aveva problemi finanziari. La tesi però viene contestata dagli investigatori indonesiani. Infine il 31 ottobre 1999 poco dopo il decollo da New York un Boeing 767 della compagnia EgyptAir precipita nell’Oceano Atlantico. Anche in questo caso il comandante era uscito dalla cabina di pilotaggio e secondo la Ntsb la tragedia è dovuta all’azione deliberata del co-pilota, ma le autorità egiziane non hanno mai accettato tale conclusione. La cosa certa sono i 217 morti. 
Un dubbio: ma se un pilota si accorge che un collega, o peggio un superiore, dà segni di squilibrio mentale, come fa a denunciarlo? Il modo c’è: tutte le compagnie hanno previsto delle procedure di denuncia anonima. A fin di bene.