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 2015  marzo 27 Venerdì calendario

Centoquarantanove morti per una porta chiusa. Non basta la depressione a spiegare una strage, così come nel caso dei terroristi islamici non basta la fede. Ci vuole il delirio di onnipotenza

Perché anche i passeggeri? Nei giornali come nelle case si ragiona con i pochi elementi a disposizione, ma è impossibile interrompere il percorso ossessivo dei pensieri. Di solito un depresso la fa finita in solitudine. Al più associa al sacrificio i familiari stretti, che considera una prosecuzione di se stesso. Ma il copilota che ha mandato l’aereo tedesco contro la montagna ha deciso di coinvolgere nel commiato degli sconosciuti. Peggio, degli sconosciuti che aveva appena incontrato. Lo immaginiamo all’imbarco, o sulla porta della cabina prima del decollo, mentre sorride alla comitiva di turisti e fa un cenno di saluto alla scolaresca in gita premio. Dopo avere visto in faccia le persone che gli erano state affidate, come ha potuto tradirle? Non si può neanche dire che, accecato dal suo male insondabile, a un certo punto abbia creduto di essere rimasto solo. Se ha chiuso la porta per impedire al comandante di rientrare in cabina, significa che era consapevole della realtà. Per compiere l’atto che lo ha isolato dal mondo doveva sapere che oltre quella porta c’era il mondo. E che lui lo stava condannando a morte.
Non basta la depressione a spiegare una strage, così come nel caso dei terroristi islamici non basta la fede. Ci vuole il delirio di onnipotenza. E il culto della morte simbolica. Con la sua parte irrazionale il copilota avrà stabilito che proprio l’aereo, la sua vita, diventasse la sua morte. Il resto, centoquarantanove esseri umani, gli sarà sembrato un effetto collaterale.