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 2015  marzo 26 Giovedì calendario

Diventare assassini a 12 anni solo per ingraziarsi il mostro del web. In Wisconsin due ragazzine hanno accoltellato un’amica per placare Slender Man, un personaggio maligno nato dalla fantasia collettiva di Internet

La Contea di Waukesha, in Wisconsin, è paciosa, punteggiata da laghi e popolata da bianchi, 95% della popolazione, tutti repubblicani, ultimo Presidente democratico a vincere da queste parti Johnson 1964. Un bastione tradizionale sconvolto il 31 maggio scorso, quando due dodicenni assestano diciannove coltellate alla loro migliore amica in un bosco, abbandonandola in agonia. La vittima, Payton Leutner, striscia al buio nella foresta, dissanguata e tremante, finché non la raccoglie un ciclista. «Chi ti ha ridotto così?», le chiedono i poliziotti. «Le mie amiche» mormora.
Il giudice di Waukesha County, Michael Bohren, ha ora deciso che le due bambine non debbano essere giudicate dal Tribunale per i Minori, ma da una corte normale, rischiando decenni di galera. Molti contestano Bohren, a cominciare da Dahlia Lithwick, esperta legale del sito Slate [http://goo.gl/7TvCDE]. Possiamo condannare «da adulte bambine che accoltellano una compagna per offrirla in sacrificio a Slender Man?».
Leggenda urbana
Prima che i tribunali è la coscienza collettiva a interrogarsi. Slender Man è il personaggio fittizio, letterario si sarebbe detto nell’Ottocento, di una leggenda urbana online. Allampanato, senza volto, sempre vestito con un attillato abito nero da uomo, braccia lunghe, sproporzionate al corpo sottile e capaci di diventare tentacoli minacciosi, Slender Man vive dove la campagna cede il passo alla città. Da lì, apparendo vicino a scuole, giardini pubblici, parchi giochi, rapisce, mutila, divora le sue vittime, bambini o teen agers, a meno che non diventino «proxies», suoi adepti, offrendogli vittime sacrificali.
È quel che le bambine di Waukesha provano a fare, uccidere una compagna in olocausto a Slender Man, per poi essere accolte alla corte del mostro che le risparmierà dai tormenti. Quando la polizia le arresta, hanno in tasca il coltello insanguinato e vagano in cerca di Slender Man «Lui ci salverà». Come è possibile che due studentesse americane tentino di uccidere per una leggenda web? Come si diffondono queste mitologie, quanto sono pericolose, e che cosa dicono della nostra cultura e società? La prima risposta viene dal saggio di Shira Chess e Eric Newsom Folklore, horror stories and the Slender Man: the development of an internet mythology. Invece che attardarsi nell’anacronistico dibattito «Web Buono o Cattivo?» Chess e Newsom analizzano come i miti urbani online si propaghino, e perché tanti, adolescenti e no, finiscano per prenderli sul serio. Un libro che genitori, educatori, politici, leggono rabbrividendo.
Foto truccate
Slender Man nasce nel 2009 quando il forum online Something Awful (qualcosa di orribile) lancia un concorso per la foto truccata con Photoshop che più evocherà un mondo extraumano e agghiacciante. Con lo pseudonimo da cattivo di James Bond, «Victor Surge», Eric Knudsen propone due immagini in bianco e nero, fatte benissimo. Una con dei bambini intorno a uno scivolo, che guardano verso l’obiettivo, ignari della sagoma sinistra di Slender Man alle loro spalle, l’altra con dei teen agers, che sembrano allontanarsi da qualcosa di pauroso, mentre il mostro appare lontano. Le due istantanee create in laboratorio rendono «vero» Slender Man.
Sul sito Creepypasta Wiki si afferma l’enciclopedia delle imprese del fantasma senza volto già dal Medio Evo e dai campi di battaglia della I guerra mondiale. Nel tono dei saggi accademici si citano autori davvero esistiti, per esempio l’antropologa Alexandra David-Néel, spiegando come i buddisti tibetani siano persuasi che un monaco in meditazione possa suscitare l’«effetto Tulpa» e creare dal proprio spirito un essere animato. La David-Néel racconta come in Tibet lei stessa abbia partorito un ectoplasma rissoso, «sorta di Fra Tuc, l’amico di Robin Hood». Slender Man sarebbe dunque originato da un esperimento degenerato, e da allora vaga malvagio tra di noi. Altre «teorie», tutte false ma scritte in linguaggio scientifico, bibliografia, note a piè di pagina, assegnano Slender Man all’antica setta Novus Ordo Europa, che lo adora come il Dio Gorr-Rylaehotep nei sabba del New Jersey.
Il volto del terrore
Tanti caricano online i video con le loro storie di Slender Man (è la serie Marble Hornets), fughe nei boschi, videocamere che si accendono la notte per incanto, sensori dei computer impazziti per la presenza di Slender Man. Protagonista la generazione precaria del dopo crisi Lehman Brothers 2008, lavoretti, università quando si può, sobborghi urbani squallidi, voli low cost, amori via Facebook. Il vuoto dell’esistenza si riempie di Slender Man e il terrore sembra meglio dell’alienazione.
La paura che diventa comunicazione e mito porta al tentato omicidio due bambine, perché – argomenta sulla rivista Semiotic Review Jeffrey Tolbert – rispecchia la nostra incapacità di vivere in un futuro troppo cambiato rispetto al passato recente. Cerchiamo invano di importare i totem di una sicurezza perduta, lo scivolo dei giardinetti d’infanzia, offrendoli in pegno al feroce Slender Man, dio di un presente che divora lavoro, pace, benessere, ruoli sociali, idee.
In attesa del processo alle due bambine killer per Slender Man, leggere Chess, Newsom e Tolbert, e passare la notte sui video di Creepypasta, spaventa. Non per un mostro immaginario: perché la tecnica comunicativa di immagini false dal passato trasformate dalla tecnologia in realtà ha avvinto sì le scolare di Waukesha ma è identica a quella usata da Isis per reclutare allo Slender Man Califfo, impressionabili adolescenti ovunque nel mondo, anche loro killer per un mito che credono realtà.