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 2015  marzo 26 Giovedì calendario

Tutte le profezie del Dna che salvano la vita, dai tumori alle malattie del cuore. Negli ultimi dieci anni la medicina si è concentrata sui rischi di sviluppare una patologia. E, grazie agli esami, come Angelina Jolie sempre più persone intervengono prima

Ippocrate, nel descrivere le malattie, si concentrava sui sintomi. I suoi eredi oggi consigliano a una donna di asportare seni e ovaie prima ancora che il segno della malattia si presenti. È successo ad Angelina Jolie e accade ogni giorno a circa il 30 per cento delle donne in America che sanno di avere una mutazione dei geni Brca. È l’effetto della medicina predittiva, che negli ultimi dieci anni, sulla scia della rivoluzione della genetica, ha messo da parte la parola “sintomo” e si è concentrata su quella “rischio”.
Cosa fare se la malattia non è una certezza, ma una probabilità è questione che mette in crisi la medicina tradizionale. «Quando parliamo di medicina predittiva parliamo di percentuali di rischio di ammalarsi nel corso della vita. Per questo i risultati di un test genetico e le scelte terapeutiche vanno discussi con un medico» chiarisce Maurizio Ferrari, coordinatore del dottorato in medicina predittiva e preventiva al San Raffaele di Milano. «Il rapporto fra medico e paziente cambia molto rispetto alla medicina tradizionale. La decisione del secondo in questo caso ha più peso rispetto al primo» prosegue Bernardo Bonanni, direttore della divisione di prevenzione e genetica oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia. «Quando si fa un test genetico non ha senso andare in cerca di tutto. Occorre partire dalla storia del paziente e della famiglia per individuare geni ben precisi. Il fai da te con i kit acquistabili su Internet non funziona» aggiunge Giuseppe Novelli, genetista e rettore dell’università di Tor Vergata.
Al momento i test genetici in oncologia danno informazioni sul rischio di ammalarsi di alcuni tipi di cancro del seno, dell’ovaio, del colonretto, dell’utero, di una rara forma che colpisce la tiroide, dello stomaco e – secondo alcuni ricercatori – del polmone. I geni responsabili dell’aumento del rischio possono essere più o meno “penetranti”. Possono cioè dare una probabilità di malattia molto alta, come nel caso di Brca, oppure dileguarsi fra gli altri fattori di rischio quotidiani, come accade per molte malattie cardiovascolari, tra cui l’infarto, dovute a cattivi stili di vita. «Ma ci sono malattie del cuore che provocano aritmie e che possono causare morte improvvisa, come la sindrome del Qt lungo, individuabili dai test genetici» spiega Peter Schwartz, direttore del Centro per la cura e la diagnosi delle aritmie di origine genetica all’Istituto auxologico di Milano. «Poiché la prevenzione si basa largamente sui farmaci betabloccanti, è ragionevole non correre rischi. Ma se abbiamo di fronte atleti di punta cui viene chiesto di interrompere l’attività agonistica, ecco che la decisione diventa drammatica».
Se già prevedere una malattia vuol dire entrare nel reame dell’incerto, ancora più difficile è fare la scelta giusta per la prevenzione. Sempre nel campo dell’oncologia, la chirurgia viene consigliata solo per i geni Brca, responsabili di un drammatico aumento di rischio del cancro di mammella e ovaio. Quando il test genetico mette in guardia contro il tumore del colonretto, i medici consigliano colonscopie frequenti e l’asportazione rapida degli eventuali polipi. Per molte forme di cancro, poi, l’individuazione dei geni alterati permette di scegliere farmaci e terapie più adatti. Al di fuori dell’oncologia, un test genetico può influenzare la prescrizione di farmaci (fra cui alcuni antiretrovirali contro l’Hiv) che potrebbero dare reazioni avverse. La diagnosi preimpianto degli embrioni, dove è ammessa, è in grado di dire se un difetto genetico è stato trasmesso dai genitori al figlio. Ma nonostante le decisioni difficili cui mettono di fronte, ai risultati dei test genetici pochi preferirebbero l’ignoranza. Secondo uno studio di Health Economics il 76 per cento delle persone in America è disposto a pagare fino a 600 euro per conoscere il rischio di ammalarsi di Alzheimer, Parkinson, tumore o artrite.