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 2015  marzo 26 Giovedì calendario

E va sotto processo l’Airbus, il gigante europeo che ha rivoluzionato il mondo dei jet civili. Gli esperti concordano: l’A320 è uno degli aerei più sicuri. E anche uno dei più venduti, 4.600 attualmente in servizio e oltre 5.000 ordinati dalle compagnie aeree di tutto il globo. Ma qualche dubbio ormai si è insinuato, soprattutto sul sistema di pilotaggio “fly-by-wire”, completamente digitale

Nacque e fu subito vincente come grande sogno di eccellenza europea nei cieli, cominciò da zero e oggi sfida testa a testa il colosso americano Boeing. Ma dopo la tragedia sulle Alpi francesi, il suo nome è anche simbolo di svolta cupa nel mood collettivo del mondo globale: la strage del volo Germanwings ha resuscitato la paura di volare. Airbus industrie, il gigante europeo – essenzialmente franco-tedesco, e purtroppo con l’Italia che si chiamò fuori – affronta la sua ora più nera. Tom Enders, l’atletico, cordiale manager ed ex pilota tedesco che la guida, e il suo predecessore e amico francese Pierre Gallois, affrontano insieme con sms e telefonate giornate drammatiche e notti insonni.
È tornata la paura di volare, proprio col prodotto di punta dell’unico marchio d’eccellenza che sappia far tremare i competitors americani come brand made in Europe, non già come fierezza targata nazionale tipo Bmw, Mercedes o Volkswagen per i tedeschi, Ferrari e speriamo Fca per noi, Saab aviazione per gli svedesi. L’Airbus 320 è il modello più venduto della gamma pigliatutto: oltre 4600 in servizio in tutto il mondo, altri 5000 e passa ordinati da compagnie aeree d’ogni angolo del pianeta blu. Medio raggio, da cento a 240 posti a seconda delle versioni, i piloti lo chiamano «la Golf dell’aria» o «la Cinquecento volante». Solo il Boeing 737 americano, nato molto prima, lo sorpassa ancora per vendite.
La Cinquecento e la Golf sono sicure, e il 320? La paura di volare si diffonde, tra coppiette e single, famiglie e uomini d’affari, per cui ormai spostarsi a 30 mila piedi da un paese all’altro è ormai abituale quasi o più che usare l’autostrada. Macchina sicurissima, dicono ad Airbus, ma i piloti tedeschi, freddi e precisi come si deve, qualche critica la muovono, e pesante: i sensori, indispensabili per far funzionare il pilotaggio flybywire (i piloti muovono alettoni e ogni superficie di governo con impulsi elettronici, non con componenti meccanici) ad alta quota si congelano, il portellone del carrello anteriore a volte fa capricci. Così è caduto un 320 di AirAsia portando con sé nelle fosse del Pacifico tutti i passeggeri, così a novembre un 321 (variante allungata) di Lufthansa in volo da Bilbao a Monaco è scampato miracolosamente a una sciagura.
E adesso, povero gigante europeo, che sarà di te? Forse se lo chiedono, sentendosi ogni tanto, Helmut Schmidt e Valéry Giscard d’Estaing, i nonni dell’euro che in piena guerra fredda ebbero l’idea di sfidare gli Usa nei cieli, non solo più tardi con una moneta unica. All’inizio non ci credeva nessuno, l’unico prodotto era il grasso, ipercapace A300 a medio raggio. Ma guai a sottovalutare l’entusiasmo dei neofiti: Airbus oggi offre ogni tipo di jet civile, dal piccolo A318 all’hotel di lusso volante A380, che ha umiliato Boeing strappando al Jumbo Jet il primato di jet civile più grande. Anche il 380 ha avuto “problemi di dentizione” gravi, ai motori: una volta solo l’addestramento top level dei piloti Qantas, tutti ex Royal Australian Air Force, ha permesso di far atterrare sicuro uno di quei colossi con 600 passeggeri a bordo e una delle gigantesche turbo ventole Rolls Royce Trent 1000 in fiamme. Eppure Emirates ne vuole ordinare fino a duecento.
Ecco un altro sogno europeo che tramonta come vanagloria, dicono già i pessimisti. E in ogni aeroporto, quando sente che il suo volo è con un 320 ogni passeggero adesso ha la pelle d’oca. «Totgesagte leben laenger», ribattono Tom Enders e il suo team, «chi è proclamato morto vive più a lungo», vecchio proverbio tedesco. E forse hanno ragione. A Francoforte e a Wall Street il titolo tiene, i 59mila e passa posti di lavoro in tutta Europa senza contare l’indotto, e futuri impianti in Usa e Cina, non sono a rischio. Dai tempi di Icaro, passando per i Montgolfier e i fratelli Wright, nel mondo del volo è così: ogni balzo in avanti della tecnica porta con sé prima tragedie, poi progressi. Anche Boeing col suo 787 Dreamliner, il futuristico jet lungo raggio in fibra ultraleggera, ha affrontato letali problemi di batterie iperinfiammabili. E nel lontano 1949, quando quattro anni dopo aver spazzato via con la Royal Air Force la Luftwaffe nazista, gli ingegneri britannici lanciarono il Comet, il primo reattore passeggeri, cominciò malissimo: fatica dei metalli, esplosioni in volo, stragi. «Il sogno di jet civili è solo un delirio», dissero in molti. Ma si sbagliarono.