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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

Libia, la difficile trattativa delle fazioni con inviati e sale separate. La riunione a Rabat: la possibilità di formare un governo di unità nazionale sembra appesa a un filo

Tre ore di capannelli, telefonate, lunghe passeggiate solo per decidere se era il caso di sedersi intorno allo stesso tavolo e dialogare direttamente con «quelli» di Tripoli. Alla fine i quattro rappresentanti del Parlamento in esilio a Tobruk, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale, hanno deciso che no, non si doveva fare. «Non possiamo essere proprio noi a legittimarli», sibila Abu Bakr Buera, uno dei delegati, mentre cerca di mimetizzarsi sulla spiaggia, con il suo completo e la sua cravatta marroni tra i padiglioni bianchi dell’hotel Amphitrite.
L’inviato speciale per la Libia, lo spagnolo Bernardino León, prova a rimettere insieme i frammenti di uno Stato distrutto e di un Paese in armi. Appuntamento sulla costa di Rabat, dunque, la capitale del Marocco, dopo il fallimento dei colloqui di Ginevra e nella libica Gadames, l’antica città degli schiavi al confine con Algeria.
Gli obiettivi delle Nazioni Unite sono tre. Uno più ambizioso dell’altro: costituire un governo di unità nazionale; disarmare bande e gruppuscoli; completare, entro una data certa, la nuova Costituzione. Un programma, come se non bastasse, da realizzare in fretta. Il mandato di León è in scadenza, anche se il Consiglio di sicurezza è pronto a prorogarlo almeno fino al 31 marzo, come suggerisce una risoluzione presentata dal Regno Unito ed esaminata nella notte italiana nel Palazzo di vetro a New York.
In realtà il tempo è scandito dai kalashnikov dell’Isis, lo Stato islamico che si espande come una muffa distruttrice nelle città, nei villaggi abbandonati da ogni autorità.
I capi delle fazioni libiche si sono presentati in Marocco tenendo fede alla loro pessima reputazione. Litigiosi, cavillosi, prigionieri del loro micro sistemi di potere, anche in questo momento drammatico. Risultato: il vertice è potuto iniziare soltanto con una formula complicata. Tre riunioni parallele nell’arabesco Palazzo dei congressi, con i funzionari dell’Onu attenti a valorizzare i punti in comune tra una discussione e l’altra.
León ha partecipato all’incontro con la delegazione del Consiglio Nazionale di Tripoli, l’assemblea dominata dai partiti islamici, come Fajr Libia (l’alba della Libia) e difeso con le armi anche dalla milizia di Misurata, fino a non molto tempo fa fiorente centro di commerci e appalti. I loro grandi nemici di Tobruk si sono riuniti in un altro salone. Sul campo possono contare sul sostegno dell’ambiguo generale Khalifa Haftar e su quello della brigata di Zintan, la cittadina a 120 chilometri a sud di Tripoli, ai tempi la più ostile a Gheddafi. I due schieramenti si combattono con fasi alterne, ma finora senza una prospettiva credibile di riavvicinamento. L’incaricato Onu sta cercando di sbloccare l’incomunicabilità allargando il dialogo ad altri soggetti. Ospiti della terza sessione di ieri sono stati «esponenti della società civile», compresa le leader del movimento per i diritti delle donne. Nelle prossime settimane León chiamerà a raccolta le tribù (e sono 140), i partiti politici e le municipalità. Ma per ora l’obiettivo qui a Rabat è arrivare almeno a riunire in una sola stanza i capi fazione. Solo allora comincerà la vera trattativa.