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 2015  marzo 05 Giovedì calendario

Il caso Alonso? È diventato la grande paura della F1. Soprattutto perché il mondo dei motori non è ancora riuscito a scacciare con prove solide il fantasma dell incidente scaturito da uno shock elettrico. I team minacciano: la verità o non corriamo

Il caso Alonso? È diventato la grande paura della F1. Soprattutto perché il mondo dei motori non è ancora riuscito a scacciare con prove solide il fantasma dell incidente scaturito da uno shock elettrico. La Sport Bild fa sapere che diversi team, se non ci saranno sufficienti garanzie sulla sicurezza dei piloti, sarebbero intenzionati a non schierarsi sulla griglia di partenza del Gp d’Australia. Siamo i primi a non credere a uno sciopero, questa forma di protesta non esiste nel vocabolario della F1. Ma torniamo al fantasma dell’elettroshock. Dopo l’incidente di Alonso, non basta più sostenere «non è andata così», oppure che «è impossibile che una cosa del genere accada». Abbiamo contattato alcuni tecnici di aziende che conoscono a fondo il mondo delle corse e il loro parere converge su un punto: su un piano strettamente ingegneristico, è una fesseria sostenere che un evento come quello descritto non possa in assoluto accadere. Il perché è semplice: o si è capito il problema e si ha in mano la soluzione, oppure non si può escludere nulla.
Molti degli interpellati hanno commentato: «Non scommetteremmo un centesimo sulla tesi della scossa, anche perché la McLaren è un team di primo piano». Però hanno anche aggiunto: «Nelle corse può capitare di tutto...»
La dizione più corretta per accompagnare l’idea che sia stata una botta elettrica a impedire ad Alonso di governare la McLaren, facendolo sbattere ad appena 150 orari, è la seguente: «Altamente improbabile». Le monoposto di oggi hanno un sacco di apparati elettrici, anche per l’avvento dell’unità per il recupero dell’energia cinetica (Mgu-K) e di quella che sfrutta il calore sviluppato dal motore turbo (Mgu-H). Per maneggiare queste auto occorre molta cautela da parte dei meccanici; e chi le guida deve lasciarle saltando a pie’ pari e non uscendo prima con una gamba e poi con l’altra. Ma nell’abitacolo, un pilota è isolato. Per dare l’idea, è come l’uccello che si posiziona sulla catenaria della ferrovia: non subisce la scossa perché sta con entrambe le zampe su un solo filo. Il pilota può subire una scossa solo se entra nel percorso della corrente, scaricandola a terra. In tal caso si ripresenterebbe quanto successo a un meccanico della Red Bull: toccò l’auto prima del dovuto e beccò una sberla memorabile. Per Alonso potrebbe essere accaduto se il sistema di sicurezza della McLaren fosse andato in tilt e lo spagnolo avesse toccato un elemento in grado di chiudere un circuito.
Alcuni tecnici hanno cercato di capire se la scossa avrebbe potuto verificarsi in altro modo: non è stata trovata una buona spiegazione. E tanti hanno pure analizzato l’ipotesi che dopo l’incidente la McLaren abbia montato il kers del 2014 sospendendo quello del 2015, di produzione Honda: non è andata così, è impensabile che si ricorra a un dispositivo da 60 Kw quando le F1 oggi ne montano da 120 kw; è semmai verosimile che i tecnici McLaren abbiano aiutato quelli della Honda a risolvere i guai intervenuti sul loro pezzo. Ma questo rientra nel calderone degli errori di comunicazione (anche grotteschi) di questa storia: tutti i nostri interlocutori hanno infatti concluso con una riflessione («Serve al più presto una spiegazione seria») e con un interrogativo: perché la McLaren non comunica i dati della telemetria? In quel modo potrebbe escludere vari scenari, incluso quello dell’«elettroshock».