la Repubblica, 5 marzo 2015
Il governo si spacca sulla giustizia: nuovo stop alle norme anticorruzione e lite su falso in bilancio e prescrizione. Il ministro Boschi: «C’è una ipotesi di accordo. Siamo fiduciosi». E Raffaele Cantone difende l’esecutivo: «È una norma ben fatta»
Giornata tormentata sulla giustizia per governo e maggioranza. Alla Camera, infatti, Area popolare si accoda a M5S e Forza Italia e in commissione Giustizia vota contro l’emendamento dei relatori, condiviso dal governo, che allunga i tempi di prescrizione per la corruzione da 8 fino a 18 anni. Dunque maggioranza spaccata. Al Senato, invece, la conferenza dei capigruppo decide di rinviare l’approdo in aula del ddl sulla corruzione, previsto per oggi, al 17 marzo. Protestano i grillini che vorrebbero stringere i tempi, mentre Forza Italia in commissione fa l’ostruzionismo contro il provvedimento. La situazione è complicata dal malessere dei senatori per il fatto che non hanno visto arrivare l’annunciato emendamento governativo sulle nuove norme sul falso in bilancio ampiamente descritto dalla stampa. Una situazione che ha portato alla protesta degli stessi senatori del Pd che chiedono anche di riportare a 6 anni il massimo delle pena per le società non quotate. Ma il testo del governo viene promosso da Raffaele Cantone: «Si tratta di una norma ben fatta», dice il presidente dell’Anticorruzione. A Montecitorio, intanto, Area popolare giudica «incivile» l’allungamento dei tempi di prescrizione per la corruzione. I grillini invece sono contrari per il motivo opposto: avrebbero voluto aumentare i tempi anche per altri reati, per esempio la concussione. Il ministro Andrea Orlando cerca di stemperare le polemiche e dice: «Discuteremo, l’esame del provvedimento è solo all’inizio, ma va salvaguardata una specificità dei termini di prescrizione per i reati di corruzione».
Ottimista, invece, la ministra Maria Elena Boschi: «La maggioranza ha già individuato un’ipotesi di accordo. Sono molto fiduciosa che si troverà un accordo».
Stop di Renzi ad Alfano sull’anti-corruzione – «No, non ti puoi mettere di traverso così come i tuoi hanno fatto oggi» – e tagliola di Grasso sui tempi di discussione in Senato. Un “unodue” che potrebbe bloccare le diatribe nella maggioranza e i rinvii senza fine sulle nuove norme anti-mazzette. Cominciamo da Piero Grasso. È appena finita la riunione dei capigruppo quando il presidente del Senato reagisce così: «Parlare della corruzione? Per dire cosa? Nelle ultime due settimane solo sul falso in bilancio siamo passati da niente soglie a soglie percentuali, poi soglie con cifre, poi di nuovo niente soglie, le pene che si alzano e si abbassano, intercettazioni si poi no poi forse. Non posso rincorrere le voci del giorno, non sarebbe serio da parte mia. Parlerò quando ci sarà un testo definitivo». Parole amare, si può ben dire in questo caso. Sono dell’autore del primo disegno di legge sulla corruzione. Pronunciate quando i capigruppo di palazzo Madama hanno deciso di rinviare ancora, e di ben due settimane, la discussione in aula del disegno di legge anti-corruzione. Testo importante perché non solo contiene la nuova versione del falso in bilancio, ma anche le nuove pene sulla corruzione e sull’associazione mafiosa.
Grasso si ferma ancora qualche minuto, giusto il tempo di un’altra staffilata: «Come diceva Totò, ogni limite ha una pazienza: ormai più che di ddl Grasso dovremmo parlare di ddl Penelope, perché questo tira e molla va avanti da troppo. Ora è calendarizzato per il 17 marzo, e il 15 la mia proposta compie due anni». Già, perché fu proprio Grasso, nel primo giorno da senatore del Pd dopo aver messo in pensione la toga da procuratore nazionale antimafia, a presentare il testo che attende di essere approvato da 730 giorni. Un testo che, nello scontro all’interno del governo e tra maggioranza e opposizione, rischia pure di tornare a essere il testo base per la discussione in aula.
Perché ieri Grasso ha fatto una mossa per non rinviare più, nemmeno di un giorno, l’avvio del voto. Non ha utilizzato la formula di rito che consente un ulteriore slittamento anche se il dibattito in commissione non è finito. Mentre alla Camera continuavano a litigare Pd e Ncd sulla prescrizione, e mentre il ministro Boschi si accorgeva di non poter presentare in commissione Giustizia del Senato l’emendamento sul falso in bilancio perché, tra l’altro, contiene il marchiano errore di fare riferimento a una legge, quella sulla tenuità del fatto, che ancora non esiste (se va bene, sarà approvata martedì dal consiglio dei ministri), ecco la mossa di Grasso che spiazza i litiganti e obbliga a chiudere. Martedì 17, brutta data per chi è scaramantico, il governo dovrà essere pronto. Il giorno prima, lunedì 16, dovrà esserlo alla Ca- mera, perché lì, in aula, si comincia a discutere del disegni di legge sulla prescrizione, quello su cui il governo si è spaccato ieri.
Ma il governo sarà pronto? Gli alfaniani hanno i denti affilati, sulla prescrizione più lunga per i reati di corruzione non vogliono mollare. Il vice ministro della Giustizia Enrico Costa, con l’aria di chi la sa lunga, dice che «il testo non sarà questo, sarà diverso». Ma da palazzo Chigi e da Renzi è già arrivato un segnale molto chiaro ad Alfano e ai suoi, un messaggio del tipo «sulla corruzione non ammetto cedimenti, dobbiamo andare avanti spediti». Messaggio rimbalzato subito nelle parole del Guardasigilli Andrea Orlando quando dice che «bisogna salvaguardare la specificità dei termini di prescrizione per i reati di corruzione». Lì sta tutta la battaglia di ieri alla Camera e quella futura.
Tecnicamente sono solo tre righe, politicamente è un’enormità. La norma è criptica, «i termini di prescrizione sono aumentati della metà per i reati di corruzione e di corruzione in atti giudiziari». Significa che, per quei delitti, la prescrizione verrà misurata nel massimo della pena più la metà, e non solo un quarto come avviene adesso. Renzi richiama all’ordine Alfano, ma gli alfaniani come Costa battono i pugni e parlano già come se avessero ottenuto l’assicurazione che invece le tre righe saranno cassate e che la corruzione sarà trattata al pari degli altri reati. Nessun aumento. Già lanciano il ricatto «se la legge non cambia noi non la votiamo».
Succede lo stesso sull’anti-corruzione e sul nodo del falso in bilancio, protagonista in questo caso Federica Guidi. La titolare dello Sviluppo economico ha detto con chiarezza ad Orlando che lei il testo così com’è non lo sottoscrive, perché non solo penalizza le piccole imprese ma, come dice Confindustria, contiene indicazioni generiche che danno troppo potere ai giudici. Un falso in bilancio che la sinistra del Pd già giudica non votabile, dovrebbe essere ulteriormente ammorbidito. Per questo Orlando e la stessa Boschi hanno potuto soltanto prendere tempo. Se ne riparla martedì durante il consiglio dei ministri. Ultima tappa oltre la quale, senza un accordo, si rischia soltanto una prossima débacle parlamentare sul anticorruzione e prescrizione.