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 2015  marzo 03 Martedì calendario

È morto Talus Taylor, il creatore dei Barbapapà. Il morbido gigante rosa dal cuore gentile e dall’animo ambientalista nacque nel Maggio Francese, quando passeggiando in un parco con Annette Tison, un bimbo chiese ai genitori un «Baa baa baa», ossia Barbe à papa (zucchero filato). «Io che cercavo di conquistare Annette e cominciai a fare disegnini sulla tovaglia. È nato così il personaggio e anche il mio matrimonio»

Il «barbatrucco» ha incantato per primi i bambini degli Anni 70 e non ha più smesso: Barbapapà, il morbido gigante rosa dal cuore gentile e dall’animo ambientalista, è nato negli stessi giorni in cui gli studenti invadevano le strade del Quartiere Latino a Parigi e ha avuto effetti non molto inferiori sulla cultura pop. Anche se il suo creatore Talus Taylor, uomo schivo e riservato, scomparso qualche giorno fa a 82 anni, non lo avrebbe mai ammesso. 
Gli autori
Americano di origine irlandese, nato a San Francisco, un passato hippy, Taylor a Parigi si era innamorato di Annette Tison, che sarebbe poi diventata sua moglie e coautrice del fumetto. «Ero un giovane insegnante di matematica e Annette – raccontava in un’intervista a Cartoons on the Bay nel 2009 – era una studentessa di architettura alla Sorbona». Un giorno del 1968 i due passeggiavano nei giardini del Luxembourg, quando notarono un bambino che chiedeva ai genitori un «Baa baa baa», ossia Barbe à papa che in francese significa zucchero filato. Poco dopo Talus e Annette finirono in un caffè. «In quel bistrot, pieno di studenti che parlavano di filosofia e rivoluzione, io cercavo di conquistare Annette e cominciai a fare disegnini sulla tovaglia. È nato così il personaggio e anche il mio matrimonio». 
Le idee
La serie a fumetti è stata pubblicata dal 1970, i 10 volumetti hanno venduto milioni di esemplari in tutto il mondo, e sono stati tradotti in più di 30 lingue (in Italia da Mondadori). La serie animata (45 episodi da 5 minuti ciascuno) fu realizzata in Giappone nel 1974 grazie ad una produzione franco-olandese-nipponica (poi nel 1999 la Pierrot ne fece una seconda serie). In Italia fu trasmessa a partire dal 13 gennaio 1976 da Rai2, diventando a tutti gli effetti il primo «anime» giapponese del nostro Paese. Fu un cartoon epocale, anche perchè allora i canali tv erano due e il programma per bambini uno: tutta una generazione è cresciuta con quei barbatrucchi semplici e affettuosi, dalla vocazione ambientalista, «all’avanguardia negli Anni 70 – diceva Taylor -, solo oggi sono diventati una moda», ma anche animalista e femminista (non a caso il papà era rosa, colore da femmine). 
La trama
Barbapapà nasce dal sottosuolo del giardino di una casa di provincia: siccome è strano e diverso, tutti inizialmente lo temono e lo chiudono in uno zoo, ma lui pian piano, grazie a due ragazzini, riesce a conquistarsi la fiducia degli adulti. Dopo l’incontro con Barbamamma nascono sette Barbabebé e insieme costruiscono una casa, dove gli animali trovano riparo dalla caccia e dall’inquinamento. Caratteristica principale di Barbapapà è assumere la forma della cosa o dell’animale più adatto a risolvere un problema, trasformazione sempre accompagnata dalla frase tormentone: «Resta di stucco, è un barbatrucco!». «Siamo riusciti a toccare il cuore dei bambini negli Anni 70, ora quei bimbi sono genitori e i loro figli continuano a seguirci – diceva Taylor -. Sento molta responsabilità nei loro confronti, ecco perchè Barbapapà continua a comunicare amore per la famiglia e per il mondo. Ma senza prediche: l’importante è far sorridere». Già questa era una piccola rivoluzione.