Il Messaggero, 3 marzo 2015
New York sta perdendo una caratteristica cara a Woody Allen, quella di capitale della psicoterapia. Fino a pochi anni fa si diceva che c’erano più psichiatri a Manhattan che nel resto degli Usa. Oggi i cittadini della Grande Mela preferiscono i farmaci, la tecnologia o la meditazione yoga
New York sta perdendo una caratteristica cara a Woody Allen, quella di capitale della psicoterapia. Fino a pochi anni fa – e non solo sull’onda emotiva del film “Io e Annie”- si diceva che c’erano più psichiatri a Manhattan che nel resto degli Usa. Adesso questa categoria si va riducendo e molti luminari sono senza clienti. Lo hanno dovuto ammettere i 3.109 esponenti della società psicanalitica della città. Il numero dei pazienti è sceso nell’ultimo anno del 2,75%, mentre l’età media di chi esercita la professione è salita a 66 anni, quattro in più rispetto al 2003.
Ma che sta succedendo alla popolazione della Grande Mela? All’improvviso è guarita dalle sue nevrosi, non ha più paura del buio, della criminalità, dell’insuccesso, della solitudine? No, i newyorkesi hanno paura di tutto, come prima, però cercano di curarsi con altri metodi. Non ne possono più dei lettini e delle analisi che durano anni. Alla “terapia delle parole” preferiscono i farmaci o i ritiri in meditazione o lo yoga. Oppure i giochini elettronici. Un iPhone sembra loro molto più autorevole e comprensivo di uno psichiatra. Attenua le ansie, risponde ad ogni quesito e costa come una sola seduta psicanalitica. Insomma è un affare.
IL TEMPO
Divani listati a lutto, dunque, nei megastudi psichiatrici dell’Upper East Side, e dottori in affanno, che rinnegano Freud e cercano nuove terapie. Più veloci e meno costose, ma soprattutto più adatte alle caratteristiche del nuovo paziente Usa, il quale non è soltanto un tipo che ha poco tempo da perdere, ma è anche un egoista, abituato alle ebbrezze del selfie. Figuriamoci se va a trovare lo psicanalista ogni settimana e sprofonda sul suo lettino. Al massimo, ogni tanto, può sedersi sulla sua poltrona, però preferisce sentirlo al telefono e magari inviargli un messaggino. Così tra i nuovi metodi terapeutici c’è anche quello del text message post-freudiano: due o tre righe di chiacchiere, con domande e risposte immediate. Il tutto per una tariffa di 49 dollari al mese, tasse escluse.
La scienza di Freud era approdata a New York subito dopo la Seconda guerra mondiale, con tanti reduci desiderosi di farsi analizzare e tanti professori insigni giunti dall’Europa perché pensavano che la Grande Mela fosse una manna. Avevano ragione. Dopo i reduci, fu il turno dell’alta borghesia e dei millionaire. Andare dallo psicanalista diventò uno status symbol, soprattutto per gli intellettuali di successo. Nessuno di loro, o quasi, sfuggì agli strizzacervelli, anche se questi medici non strizzavano soltanto materia grigia, ma tante banconote verdi, con sedute interminabili e ripetitive. Gli scrittori erano così presi dal lettino psicanalitico che non scrivevano quasi più e quando scrivevano creavano racconti o sceneggiature sull’incomunicabilità, sull’alienazione, sui rapporti impossibili tra vecchie e nuove generazioni, sulla gioventù bruciata.
L’ETÀ
Adesso la gioventù – che sia bruciata o no – sembra ignorare la psicanalisi, anche perché quasi tutte le assicurazioni sanitarie hanno smesso da un bel pezzo di rimborsare i quattrini spesi per questo genere di terapia. Eppoi – come si diceva – sulla psicoterapia prevale una variante impazzita, quella dell’elettronica, assieme a una variante più saggia, quella della meditazione buddista e della ginnastica yoga. Che poi è una filosofia che tende ad avvicinarti a Dio, a metterti in contatto con l’assoluto. Mentre la psicanalisi, al massimo, ti mette in contatto con Freud e con una saggezza che a molti ormai sembra superata.
Per adeguarsi al nuovo millennio, i poveri psicanalisti non tuonano più dall’alto, ma scendono sempre più in basso, dialogano con i pazienti, rivelando perfino le loro fobie. E alla richiesta di aiuto immediato rispondono con terapie di poche sedute (da dieci a venti), in cui esaminano un solo problema e non tutto lo sterminato patrimonio di tabù, complessi e follie, sepolto nel nostro inconscio. D’altra parte, studi recenti avevano dimostrato che molti pazienti traevano maggiori benefici dal dialogo con un prete che da quello con uno psichiatra. Insomma, gli psicanalisti dovevano cambiare metodo.
Ma basteranno questi aggiustamenti a salvare una professione che vista dalla Grande Mela sembra in declino? Una cosa appare probabile: oggi Woody Allen non ambienterebbe più il suo capolavoro Io e Annie a New York, ma forse in qualche città della Svezia.