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 2015  febbraio 27 Venerdì calendario

«Perché non me l’hai detto subito... Papà perché l’hai fatto?». Quella telefonata tra Sabrina e Michele Misseri la notte del ritrovamento del cadavere di Sarah Scazzi ad Avetrana. Le intercettazioni al centro del processo d’appello

«Perché non me l’hai detto subito... Papà perché l’hai fatto? Io non me lo posso spiegare! Tu non hai fatto mai niente di male, perché quel momento? Che ti è successo?». È la notte tra il 6 il 7 ottobre 2010, Michele Misseri ha fatto ritrovare ai carabinieri il corpo senza vita della sua nipotina, Sarah Scazzi, e si è autoaccusato. Prima che il telefonino gli venga sequestrato dagli investigatori, effettua una telefonata e chiama sua figlia minore, Sabrina Misseri.
La ragazza, in carcere da oltre 4 anni perché accusata dell’omicidio della cugina di appena 14 anni e condannata all’ergastolo in primo grado, sembra cadere dalle nuvole, appare incredula, e pretende quasi in lacrime spiegazioni dal padre, che sibillino gli risponde: «Non lo so perché l’ho fatto». Sono le ultime parole intercettate dalla Procura di Taranto e dai carabinieri, la trascrizione con la traduzione dal dialetto avetranese è stata fatta dal perito della Corte d’assise, Francesco Abbinante. Oggi saranno ascoltate e lette durante l’udienza in corte di Appello d’assise, assieme ad un’altra telefonata intercettata, quella tra Sabrina Misseri e sua zia Concetta Serrano Spagnolo, madre di Sara e l’avvocato Valter Biscotti. «Ma è stato lui?», chiederà al legale due ore e mezzo prima della confessione del padre. Sabrina è stata condannata all’ergastolo assieme a sua madre, la signora Cosima Serrano: secondo la Procura e i giudici di primo grado furono loro a strangolare la piccola Sara, un omicidio progettato per gelosie e per mettere a tacere la ragazzina. Oggi, per la prima volta da quanto è stata arrestata, Cosima Serrano parlerà davanti ai giudici e si difenderà dall’accusa.
STRANGOLATA E SEPOLTA
Sabrina ha poco più di 26 anni, è in carcere da più di quattro, mentre la madre ne ha 59 ed è entrata nella stessa cella della figlia pochi mesi dopo. Sarah scomparve da Avetrana, paesino in provincia di Taranto, il 26 agosto del 2010, i suoi resti furono ritrovati la notte fra il 6 e il 7 ottobre successivo in un pozzo di campagna. Secondo gli investigatori, è stata strangolata lo stesso giorno della scomparsa all’interno della villa dei Misseri. Il 20 aprile 2013 la Corte di Assise di Taranto ha condannato madre e figlia al carcere a vita. Oggi le porte di un’aula di giustizia si riaprono a Taranto per il processo d’appello. In quella stessa aula di giustizia potrà entrare, ancora da uomo libero, Michele Misseri, oggi sessantenne, padre di Sabrina e marito di Cosima, colui che in tutti questi anni ha calamitato l’attenzione del caso Scazzi.
IL RUOLO DELL’UOMO
E anche oggi l’attenzione, inevitabilmente, ricadrà su di lui e sulle ultime telefonata con la figlia imputata. A Michele Misseri, in primo grado, la corte di Assise gli ha inflitto otto anni di reclusione ritenendolo colpevole di concorso in soppressione di cadavere. Fu lui a confessare il delitto e a far ritrovare i resti della povera Sara, ma pochi giorni dopo chiamò in correità la figlia indicandola, di fatto, come la reale autrice dell’omicidio. Confessione ritratta mille volte. Non ha invece mai tirato in ballo la moglie, ma dalla fine del 2011 ha cercato nuovamente di addossarsi tutte le responsabilità del delitto con motivazioni che però non hanno convinto i giudici.